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eidos

Cinema e donne

Nel film

A Chiara

Una possibile connessione tra mondi

Rossella Lacerenza

Il titolo del film è una dedica che il regista Jonas Carpignano fa alla protagonista Chiara (Swamy Rotolo, David di Donatello come Migliore attrice protagonista 2022) alla fine del film per i suoi 18 anni, alla sua vita complessa e al suo mondo interno. Chiara è una adolescente di 15 anni allegra, curiosa e attratta dalle piccole trasgressioni. È anche una ragazzina con le sue inquietudini, la gelosia e l’invidia verso le sorelle e le altre pari. 

Chiara vede all’improvviso la sua famiglia in pericolo, il padre amato scomparire e la sua mente dissociarsi. César Botella e Sara Botella riprendendo il lavoro di Freud sull’allucinatorio parlano della dissociazione come di una funzione della mente che consente al bambino, nelle situazioni traumatiche di scomparsa improvvisa dell’oggetto, di trattenere elementi sensoriali di quest’ultimo per non disintegrarsi e cadere in un vuoto affettivo e rappresentativo. Vi è in essa un movimento espulsivo ma allo stesso tempo anche un altro, in direzione opposta, che consente di trattenere, esplorare, creare. Chiara comincerà una ricerca estenuante di verità che la condurrà a scoprire che il padre (Claudio Rotolo) è un latitante, costretto a vivere in un bunker, ricercato. Si è sottratto alla custodia cautelare disposta dal Gip, dopo le minacce della cosca avversaria della ‘Ndrangheta, in lotta per la supremazia sulle piazze di spaccio.

Il film mostra scene a confronto, mondi molto diversi che rischiano di contrapporsi se non possono essere integrati. È un film apparentemente lineare e semplice, che racchiude in forma frattalica, questioni complesse, anche di interesse sociopolitico.

 

È girato in un paese della Calabria, Gioia Tauro, di cui il regista all’inizio mostra soprattutto la parte degradata, desolata, periferica, ripresa spesso di notte. La scelta del dialetto consente allo spettatore di stare lì, in quella realtà. È una terra popolosa, rumorosa, pulsionale. Vediamo Chiara in casa con il padre sdraiato sul divano, conteso tra le figlie, di cui lei è la mediana, mentre sullo sfondo c’è una madre inconsistente; seguiamo poi Chiara su un tapis roulant impegnata in un moto ripetitivo, chiuso, circolare; poi ancora alla festa dei 18 anni di sua sorella Giulia (Grecia Rotolo). C’è un grande frastuono, rotto dalle dediche dei maschi di casa cui il padre non riesce ad unirsi, sopraffatto dalle emozioni. Nemmeno la zia riesce ad esprimersi “se parlate tutti, non riesco a pensare”. Il legame di Chiara con il padre sembra speciale, tanto forte che Chiara sente quello che sta per accadere, di notte, svegliata dalle voci e dalla complicità dei genitori da cui lei è esclusa. Il film sembra muoversi sul crinale tra l’edipico e l’incestuale che Paul Claude Racamier intende come un’atmosfera confusiva in cui non è chiaro il limite, tra generazioni, tra persone e vige il segreto che paralizza la pensabilita’.  Chiara allucina il buco in cui cadrà, l’abbraccio del padre che la riporterà a letto. Ma la realtà fattuale, diversa da quella immaginata, è che la macchina del padre viene incendiata e lui non è scomparso. Non trovano risposta le domande che Chiara rivolge alla madre e ai parenti stretti; il mondo degli adulti non la aiuta, non la protegge e soprattutto non risponde. “Fai la brava, sei troppo piccola per sapere .. tu non puoi capire.. se capisci non devi chiedere”. Lei è disperata ma coraggiosa. È arrabbiata, si difende ma eccede, nel disperato tentativo di identificarsi con il padre delinquente e mantenerlo vivo dentro di sé, in una vendetta che le vale una punizione crudele. Il programma per i figli dei malavitosi, perché si possa interrompere il “ciclo ereditario della ‘Ndrangheta” è che vengano allontanati prima che diventino adulti, perché assorbano solo buoni valori. Chiara viene dichiarata “inadatta ad affrontare la vita .. un pericolo per la comunità”. Sarà allontanata dalla famiglia e affidata ad un’altra, in una città del nord, lontana dal mondo malsano in cui è cresciuta. Chiara scappa, deve sapere, alla fine trova il padre, o meglio lo ritrova. Lui capisce il suo bisogno di essere trattata da adulta, di andare oltre pregiudizi culturali di età e genere. Ad esempio la donna non può fumare, eppure lui fuma con lei, le mostra i luoghi del suo lavoro, dall’arrivo della cocaina alle operazioni di taglio e spaccio. “Ti sembra tanto male questo lavoro? Gli altri la chiamano mafia, io sopravvivenza..” Se l’assistente sociale, in una dimensione destinale da cui non c’è via di scampo, la minaccia usando quanto accaduto a Rosarno,  il padre la aiuta a distinguere “non siamo tutti uguali.. i boss non si sporcano le mani e i loro figli non li cerca la polizia.. loro sono di Rosarno… io non uccido nessuno” . A differenza del padre di Rosarno che uccide sua figlia traditrice, la scelta di andare via le viene quasi suggerita, nonostante dolorosa.

Alla fine del film è ad Urbino, non casualmente città ricca anche di storia, in una famiglia benestante. Il cugino le parla delle opere di Raffaello ad Urbino, importanti perché “lui dipingeva spontaneo, non camuffato.. dipingeva com’eri..”

Solo quando la spinta epistemofilica, il desiderio di conoscere e capire la verità viene appagato, Chiara sembrerebbe aver scelto.

È alla festa per i suoi 18 anni, felice ma anche nostalgica.

Se nella prima scena del film  Chiara è sul tapis roulant, nella scena finale lei è su un campo di atletica, una pista da corsa, in una dimensione che ora può essere diacronica.

Tutto ciò che è nel mezzo dei due mondi, Carpignano lo lascia all’immaginazione dell’osservatore. In questo spazio si gioca la possibilità di frattura e cronicizzazione, se il sistema giudiziario e anche quello terapeutico decide per, al posto di, ciò che idealmente è migliore. La possibilità di integrazione dei mondi, questione centrale nelle vicende di bambini con famiglie adottive, si intravede nel film quando Chiara si guarda allo specchio e dietro di sé vede la famiglia d’origine. Solo la tessitura con essa, attraverso la ricerca della “verità” e il contatto con le aree originarie seppure malate, può rappresentare l’unica possibilità di crescita e soggettivazione.

 

 

Titolo originale: A Chiara

Lingua originale: calabrese, italiano

Paese di produzione: Italia, Francia, Stati Uniti d’America

Anno: 2021

Regia: Jonas Carpignano

Soggetto: Jonas Carpignano

Fotografia: Tim Curtin

Musiche: Dan Romer e Benth Zeitlin

Cast: Swamy Rotolo, Claudio Rotolo, Grecia Rotolo, Carmela Fumo, Giorgia Rotolo, Antonio Rotolo, Vincenzo Rotolo, Antonina Fumo.

 

 

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