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Cinema e Amori

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Amori in esonero di responsabilità

Disclaimer - La vita perfetta

Elisabetta Marchiori

"L'epilogo di Disclaimer ci mostra che il vero antidoto a tutto questo è l'amore". Con questa dichiarazione si chiude un'intervista[1] ad Alfonso Cuarón sulla miniserie Disclaimer - La vita perfetta, presentata in anteprima all'81ª Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. "Tutto questo" si riferisce al caos del mondo contemporaneo, lacerato da conflitti culturali, politici e sociali, alimentati dalla manipolazione dell'informazione e da narrazioni contrastanti. Il regista riflette questa disgregazione nel mondo interno dei suoi protagonisti e nelle loro dinamiche relazionali, in un dramma familiare che, pur apparendo intimistico, si rivela un microcosmo di tensioni universali.

Il cuore pulsante della serie è a tutti gli effetti l’amore, nelle sue molteplici e contraddittorie manifestazioni. Tuttavia, quello indagato da Cuarón non è un sentimento romantico o idealizzato, ma una condizione che impone il confronto con la verità e con il dolore. Il termine disclaimer - utilizzato in ambito legale - si riferisce a una dichiarazione di esclusione di responsabilità e suggerisce la necessità, più o meno inconscia, dei protagonisti di sottrarsi al peso del proprio passato e di rinunciare all'autenticità nelle relazioni d'amore, in particolare tra genitori e figli, soccombendo al segreto e al trauma.

Tutto ha inizio quando la vita perfetta di Catherine Ravenscroft, documentarista di successo, viene sconvolta da un libro che riporta alla luce un evento sepolto nel suo passato: la tragica scomparsa di Jonathan Brigstocke, annegato dopo aver tratto in salvo suo figlio Nicholas, allora bambino. Quest'ultimo è cresciuto diventando un giovane inquieto e sbandato, che sembra aver smarrito nel tempo ogni legame affettivo con la madre. L'autrice del romanzo è Nancy, madre di Jonathan, spentasi consumata dal dolore senza mai avere elaborato il lutto per quel ragazzo raccontato come un eroe innocente, sedotto da un'allora giovane e bellissima Catherine, ritenuta responsabile della sua fine prematura. È Stephen Brigstocke, il padre, a trovare e pubblicare il manoscritto, convinto che racconti la verità, con l'intento non solo di smascherare la presunta colpa di quella donna, ma anche di distruggere la sua reputazione e la sua famiglia, infliggendole lo stesso dolore che lui e sua moglie hanno vissuto. Persino suo marito, Robert Ravenscroft, finisce per dubitare di lei, compromettendo irrimediabilmente il loro rapporto. Tuttavia, Catherine offre una versione radicalmente diversa degli eventi: non è lei la carnefice, ma la vittima, paralizzata dal trauma di una violenza sessuale, dalla paura e dalla vergogna.

Cuarón costruisce un’esperienza visiva e psicologica ipnotica, amplificata dall’uso delle voci fuori campo, che ci spinge in un labirinto di narrazioni che evocano il ritorno del rimosso e la frammentazione della coscienza: la realtà si rivela un costrutto della percezione soggettiva, costantemente alterato dall’inquinamento dei ricordi e dalla loro incessante rielaborazione. Quella di Nancy è raccontata in terza persona, a sottolineare che è la storia immaginata del figlio, mentre il monologo interiore di Stephen ci trascina nella sua ossessione e nella sua cieca vendetta. La narrazione in seconda persona, riservata a Catherine, ci costringe a identificarsi con il suo stato mentale, con il suo senso di isolamento e di colpa. I flashbacks interrompono il flusso lineare della storia, svelando prospettive contrastanti sul passato e mostrando come il trauma possa rimodellare la memoria, rendendo impossibile un'interpretazione oggettiva dei fatti.

È difficile identificarsi o parteggiare per personaggi profondamente ambigui che sono, a seconda del momento, crudeli e compassionevoli, sfuggenti e intensamente umani, belli e ripugnanti. Ogni emozione viene ribaltata nel corso della storia: l’empatia si trasforma in diffidenza, la repulsione in comprensione, l'odio in amore, e viceversa. È impossibile riuscire a confrontarsi con quel qualcosa di vivo e irriducibile che è la verità dell'esperienza emotiva, cosicché il pensiero non può che diventare sterile, delirante, paranoico.

Se la verità si gioca nella dinamica delle relazioni, Catherine, Robert, Nancy e Stephen incarnano forme di genitorialità segnate da omissioni, rimozioni, ambiguità e segreti traumatici, trasmettendo inevitabilmente ai figli un’eredità psichica indecifrabile

Il passato riaffiora come un campo di forze in cui i personaggi sono chiamati a ridefinire il proprio ruolo, scontrandosi con la resistenza dell’intraducibile, che continua a interrogare chi la riceve, in un ciclo in cui il segreto genera nuove riscritture e nuovi smarrimenti.

Se Disclaimer mette in scena trame relazionali in cui la verità resta un enigma e ogni narrazione diventa un atto di sopraffazione, l’amore come antidoto evocato da Cuarón è invece quello che non si sottrae alla responsabilità, ma la assume pienamente nel riconoscimento radicale dell’alterità, là dove il potere e il controllo cedono il passo all’incontro con l’altro.

 

Titolo originale: Disclaimer

Paese di produzione: Stati Uniti, Regno Unito

Anno: 2024

Regia: Alfonso Cuarón

Sceneggiatura: Alfonso Cuarón, basata sul romanzo Disclaimer di Renée Knight

Fotografia: Emmanuel Lubezki

Musiche: Steven Price

Cast: Cate Blanchett, Kevin Kline, Sacha Baron Cohen, Lesley Manville, Kodi Smit-McPhee, Louis Partridge

 


[1] https://www.vanityfair.it/article/cate-blanchett-alfonso-cuaron-disclaimer-serie-tv-intervista

 

 

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