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Cinema e guerra

Serie Tv

Black Space

Adolescenze clandestine in un conflitto senza fine

Adelia Lucattini

Black Space (בלקספייס in ebraico, letteralmente “spazio nero”) è una serie televisiva israeliana creata da Anat Gafni e Sahar Shavit, trasmessa nel dicembre 2020 su Reshet 13 e su Netflix nel maggio 2021, il thriller fin dal titolo ci immette sui temi che incardinano la narrazione che si snoda lungo le otto puntate. Il Black Space è una metafora dell’inconscio in cui si annidano angosce profonde e traccia la possibilità di prendere in mano la propria vita attraverso il recupero della memoria degli avvenimenti dolorosi e l’elaborazione dei traumi infantili e adolescenziali, dei protagonisti.

La Serie Tv si snoda lungo l’indagine del detective Rami Davidi (Guri Alfi) su una sparatoria mortale in un liceo frequentato dalla buona borghesia della città. Un gruppo di uomini armati con maschere da unicorno fa irruzione nella Heritage High School, lasciando una scia di morti e feriti tra gli studenti. L’investigatore speciale dell’antiterrorismo Davidi, ex alunno della stessa scuola, arrivato sul posto mette in atto le procedure “non convenzionali” al fine di catturare i responsabili prima che fuggano dall’edificio. Nonostante lo spiegamento imponente di forze speciali, inaspettatamente, gli assassini riescono a dileguarsi senza lasciare tracce. Il direttore della polizia locale per mettere a tacere la stampa, l’opinione pubblica e i genitori, e nonostante il parere contrario di Davidi, arresta tre operai palestinesi che si trovano nella scuola per lavori di manutenzione. Davidi rapidamente comprende che il crimine è maturato all’interno della scuola e nonostante le proteste di tutti, che vedono nei palestinesi il “perfetto capro espiatorio”, afferma che i responsabili debbano essere cercati proprio tra gli studenti.  Rami quindi svolge un lavoro complesso per scoprire l’identità degli assassini, con metodi che tengono conto della psicologia degli adolescenti coinvolti, rabbiosi, depressi, disillusi e immersi in un clima di violenza di cui sono essi stessi portatori senza piena consapevolezza, nati in una società militarizzata e in uno stato di perenne allarme, in cui l’uso delle armi è appannaggio di tutti, anche per l’obbligo di leva. Con l’aiuto di una collega e la legittimazione anche se non l’approvazione del suo capo Noga Ruso (Assi Levy), Davidi si addentra dolorosamente nel mondo in cui egli stesso era stato vittima di violenze e bullismo. A scuola non fu né protetto né ottenne giustizia poiché il preside era fermamente convinto che Rami, poiché appartenente ad un ceto popolare, fosse pre-destinato ad una vita da emarginato e delinquenziale.

 

Rami è in attesa del primo figlio, anche grazie a questa nuova esperienza esistenziale, riesce ad affrontare i propri demoni attraverso un percorso a ritroso in cui è guidato dai ricordi e sostenuto dalle esperienze passate. Davidi legge gli avvenimenti con la mente e col cuore, la parziale cecità (a seguito di un’aggressione a scuola e ai mancati soccorsi aveva perduto l’uso di un occhio), gli permette attraverso il dolore causatogli dalla protesi infetta di leggere con sguardo diverso gli avvenimenti che osserva e ricostruisce. Il detective si nutre del dolore fisico che rende vivo il ricordo del suo passato e che, proiettato sul futuro, lo rende titubante e angosciato rispetto alla prossima paternità. Nonostante il forte legame con la compagna, la nascita del figlio fortemente risveglia in lui paure e ansie persecutorie rispetto ad un ambiente sociale impregnato di violenza e senza pace. La guerra e la violenza sono di fatto presenti in ogni comunicazione e in ogni gesto, guidano implicitamente ogni decisione. Le vittime designate assorbono le ansie persecutorie della famiglia, del gruppo dei pari e della collettività in cui vivono.

 

Ben presto Davidi, con l’aiuto dell'investigatore Morag Shmuel (Reut Alush), inizia a mettere insieme una serie articolata e complessa di avvenimenti che hanno portato al massacro.

Lo scendere in profondità dentro sé stesso fa interrogare Rami sulla modalità di comunicazione dei ragazzi della scuola, si chiede come mai non abbiano Social media o chat come tutti gli adolescenti. Insospettito da queta “anomalia”, ipotizza che abbiano una modalità di comunicazione segreta che possa avere a che fare con il dark web, metafora e rappresentazione di un inconscio in cui elementi grezzi e non elaborati possono avere uno spazio in cui esprimersi, essere agiti senza pensare, con conseguenze nefaste. Il dark web è il Black Space, un buco nero della mente in cui il pensiero non è possibile e le emozioni sono espulse violentemente, indigerite.

 

Rami inizia a comunicare con i ragazzi e si immerge totalmente in questa realtà parallela in cui scopre un uso spregiudicato di alcol, droghe, furti, comportamenti sessuali a rischio. Violenze, aggressioni, risse sono espressione di angosce primitive, che trasformano un gruppo di studenti in un branco omicida. Alla fine, il gruppo deviante apparirà alla vista spettatore attraverso la ricomposizione del mosaico tracciato dalla narrazione.

Black Space si allontana decisamente da tutti gli stereotipi cinematografici e televisivi del dramma adolescenziale. Black Space è infatti un dramma poliziesco sorprendente per la profondità dei contenuti e lo scandaglio psicologico dei personaggi, con una trama forte, una recitazione ineccepibile, una fotografia senza sbavature, emotivamente avvincente che tiene gli spettatori sul filo del rasoio fino all'ultima scena offrendo loro uno spaccato e un vertice di osservazione molto specifico sulla società israeliana che si snoda con una stringente coerenza interna durante tutte le otto puntate.

La serie tv di Netflix gioca con un tema cruciale: i demoni che ogni personaggio si porta dentro e che sono riferiti a traumi (malattie, separazioni, perdite, abbandoni, violenze fisiche e verbali, emarginazione) subiti fuori e dentro alla scuola. Non è un film sul bullismo, benché questo appaia, ma sugli effetti nella mente adolescenziale della violenza familiare e sociale in uno stato perennemente in guerra.  Di episodio in episodio lo spettatore “vede” come i conflitti personali, quotidiani, di ognuno di loro, abbiano una loro specifica espressione. Inoltre, se non vi sono correttivi da parte degli adulti e delle autorità garanti del buon funzionamento di gruppi etnici e sociali diversi e dell’istituzione scolastica, non vi è salvezza per nessuno. La scuola, la famiglia e il contesto sociale non sono all’altezza di ascoltare le esigenze degli adolescenti. Soltanto Davidi, adolescente traumatizzato che ha votato la propria esistenza alla ricerca della verità attraverso la sua professione, riesce a comprendere e contestualizzare gli avvenimenti. Rami ha un pensiero originale, tangenziale, fatto di intuizioni, associazioni inconsce, ricordi e memorie che nel corso delle indagini prendono una forma a cui riesce a dare un significato ed il senso che gli permetteranno di risolvere il caso.

Mentre l’indagine è in corso, è chiaro che Davidi e gli altri personaggi principali stanno combattendo con le loro verità. Il liceo ha aspetti oscuri nella sua storia e anche Davidi ha un atteggiamento critico nei confronti dell’establishment che viene argomentato attraverso le immagini e le azioni dei protagonisti.

Black Space è fatto di silenzi, campi lunghi, sole abbagliante, falò notturni. Le azioni parlanti ed il mezzo visivo permettono la comprensione dell’evolversi degli avvenimenti. Non si tratta di un tipico dramma criminale in cui la linea di demarcazione tra buoni e cattivi è netta e non lascia dubbi, è inequivocabile la condanna dei comportamenti criminali che vengono però anche spiegati e rispetto a quali Davidi si fa portavoce di possibili correttivi e della fondata speranza che proprio a scuola nasca e sbocci un futuro migliore proponendo un supporto ai ragazzi in difficoltà psicologica e sociale. Il gruppo di detective che indagano a molti livelli si pongono come un gruppo adulto pensante che nel cercare la verità e perseguire i crimini, propone anche dei modelli per un cambiamento nello stile relazionale, perché i drammi vissuti dagli adolescenti e dalle loro famiglie non si ripetano.

Il focus che si intuisce fin dall’inizio è la presenza di un oscuro segreto che ha un medium di trasmissione transgenerazionale. Non si tratta del segreto come elemento positivo di individuazione e crescita personale come è tipico nell’adolescenza ma si tratta piuttosto di un’anomalia che costringe in un’area di clandestinità anticamera della devianza. La giusta richiesta degli adolescenti che emerge dalla prima all’ultima puntata è che gli adulti si assumano le proprie responsabilità, che siano presenti, capaci di ascoltare.

Questa serie avvincente è sia un thriller psicologico che un commento sociale sulla crescente violenza nella società occidentale contemporanea, avendo come focus la società israeliana per scelta degli autori. Mette in luce i diversi modi in cui le giovani generazioni di israeliani rispondono alle minacce emotive e fisiche, che vanno dal bullismo, alla costante minaccia di essere bombardati dai Paesi vicini. Evidenzia anche il fatto che queste minacce sono diventate costanti nel corso degli anni, nonostante i continui inascoltati appelli alla pace.

Black Space mostra come le motivazioni per cui gli adolescenti protagonisti della narrazione, giustificano il loro comportamento brutale, sia un problema serio che non va minimizzato né giustificato e tantomeno nascosto. Cruciale il riferimento anche agli Stati Uniti che, con la liberalizzazione delle armi, ha un numero spaventoso di omicidi nelle scuole e nelle università per mano di adolescenti. È citato come esempio di ciò che la società israeliana non vuole diventare sapendo che deve adoperarsi affinché non avvenga.

Accanto allo scandaglio del mondo adolescenziale, è presente la lotta personale di Rami Davidi contro le violenze e le torture subite durante il liceo che hanno nel suo presente di uomo ormai maturo, dalla solida carriera lavorativa. Le esperienze traumatiche non elaborate si riverberano nonostante tutto sul suo lavoro e sul matrimonio con la moglie incinta Miri (Meirav Shirom) e sottolineano l’eredità travagliata che un mondo colmo di violenza può lasciare dietro di sé. Rami ci mostra come ogni riparazione non è possibile dall’esterno ma può avvenire soltanto affrontandola anche con l’aiuto di un’analista, come in alcune scene è chiaramente suggerito, mediante un lavoro su sé stessi, sulle dinamiche inconsce, sulla rabbia inespressa, sulle ferite sanguinanti che possono essere suturate solo all’interno di relazioni positive che permettano di sopportare il dolore e diano accesso alla pensabilità dell’esperienza traumatica.

Indubbiamente Black Space non è una serie tv di intrattenimento, su un'adolescenza idealizzata mai esistita, fatta di feste, party e spensieratezza. Per questo potrebbe risultare non sempre semplice da guardare ma sempre avvincente e come i gialli psicologici, intriga e appassiona mentre offre spunti di riflessione importanti.

Magistrali le interpretazioni di tutti gli attori, mirabile lo switch linguistico dall’ebraico, all’arabo, all’inglese. Assolutamente originale l’inquadratura dal basso di Rami Davidi che fin dall’inizio offre allo spettatore una possibilità di interpretazione degli avvenimenti guardando la realtà da un’ottica invertita, offrendo la percezione che forse sia necessario osservare il mondo “al contrario”. Dal basso è il punto di vista dei bambini e di una mente in crescita, fa chiedere costantemente che cosa vi sia al di sotto dello schermo, nel Black Space e anche nell’inconscio dei protagonisti. Intermediario tra il mondo alla luce e il mondo nell’ombra è un grande albero, punto di ritrovo degli studenti e dei ragazzi da generazioni, in una zona desertica lontano dallo sguardo degli adulti. Il grande albero come metafora di come dobbiamo guardare la realtà esterna e il mondo interno, per scoprire le cause degli avvenimenti e le radici delle diverse origini dei personaggi e dell’esistenza di ognuno che accomuna e avvicina le voci narranti agli spettatori. Un destino conoscibile e orientabile verso il bene conoscendo la rotta e mantenendo la barra dritta, che affonda nel passato, si snoda nel presente e protende la chioma con l’intreccio dei suoi rami verso il futuro.

 


Titolo originale: סייפסקלב – Black Space Genere: Drammatico, Thriller Sceneggiatura: Anat Gafni, Sahar Shavit Regia: Ofir Lobel

Cast: Guri Alfi, Assi Levy, Reut Alush, Shai Avivi, Liana Ayoun, Noam Karmeli, Yoav Rotman, Gily Itskovitc, Meirav Shirom, George Georgiou, Ori Biton, Yehonatan Vilozny, Oneg Efron, Suzanna Papian, Eyal Shikratzi, Leib Levin, Hadas Kalderon, Ayelet Kurtz, Lioz Haroush, Gil Vaserman, Matanya Bar Shalo

Numero di stagioni: 1 Numero di episodi: 8 Musica: Daniel Markovich

 

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