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Cinema e donne

Arti visive

Carla Accardi

La sfida del segno femminile

Renata De Giorgio

Artista di respiro internazionale, Carla Accardi, nel centenario della nascita, è stata celebrata a Roma, al Palazzo delle Esposizioni, con una importante mostra antologica che ne illustra ampiamente e compiutamente l'avventura creativa sviluppatasi nell'arco di circa settanta prolifici anni. Molti gli incontri, molte le contaminazioni nazionali e internazionali di una vocazione precoce che la porterà in un breve arco temporale ad opporsi all'arte figurativa ispirata all'oggettiva esistenza delle cose, ormai“spenta e conformista”e ad entrare giovanissima in quella comunità di artisti romani che insieme a lei sposano, nel dopoguerra, la grande stagione dell'astrattismo: un mondo visivo nuovo, anoggettuale, ideologicamente ed esteticamente sovvertitore delle forme e figure del mondo esterno, alla ricerca di una nuova modalità di essere e di vedere la realtà avvalendosi solo di forme e colori, capace di cancellare l' impronta impressa da una società conservatrice e patriarcale nonché dalla millenaria tradizione maschile dell'arte figurativa occidentale.

 

Negativo positivo caseina su tela, 1956.

 

 

Sembrano riecheggiare in questa scelta del '49, a Roma dopo aver lasciato la nativa Trapani, le parole del padre che, di fronte alla precoce vocazione della figlia, aveva detto:”Non si è mai vista una Raffaello donna”.“ L'arte non è roba per donne “sentenzierà più avanti Arturo Martini ancor più determinandola a non identificarsi con un'arte focalizzata sul “protagonismo maschile”.

Sono nata donna per caso mentre non sono nata artista per caso”. La scelta di una espressività astratta risulterà dunque congeniale ad una personalità desiderosa di rompere con il passato e ricercare l'essenza concettuale, anoggettuale, materica consentita dalle sole forme e dai soli colori che“parlano alla sensibilità di tutti gli uomini e di tutte le donne di qualsiasi nazionalità essi siano” e che hanno a che fare con la realtà umana più profonda.

La militanza femminista la impegnerà negli anni '70 per un breve tratto di vita preferendo alla fine liberare la sua ispirazione da istanze politiche attive, seguire la sua vocazione, impegnarsi a trovare la sua arte che diventerà la sua ragione di vita insieme alla ricerca costante dell'autonomia come artista e come donna.

 

 

Marrone vernice su sicofoil, 1974.

 

 

La retrospettiva di questa Grande Signora dell'Astrattismo si sviluppa in sette sale del museo in una sequenza cronologica di quadri sculture disegni installazioni che riescono a restituire la complessità di un percorso creativo variegato e avvincente, con grandi capacità di autorinnovamento e costante trasformazione. Non potendo che procedere a volo d'uccello già entrando nella prima sala si è subito catturati dentro la costellazione iniziale della sua pittura segnica con cui l'opera d'arte si impone come pura presenza, come “astanza “, direbbe Cesare Brandi, irriducibile a qualsiasi contenuto che non sia il suo essere qua e ora, come “consistenza autonoma “a cui si arriva attraverso la semplificazione, la scarnificazione, il grafismo preistorico.

I segni dell'Accardi, ora sottili ora più corposi, prevalentemente curvilinei, morbidi, ondeggianti sinuosi sulle superfici. hanno la naturalezza e la freschezza di un alfabeto che sembra scrivere sulle tele messaggi labirintici, misteriosi, inizialmente dominati dal contrasto dei neri sui bianchi o dei bianchi sui neri, da una polarizzazione tra il positivo e il negativo, in qualche modo evocativi di una conflittualità radicale, originaria che trova nelle sue composizione un contenimento sempre quietamente inquieto, mai totalmente pacificato come in Mondrian.”Un desiderio di contraddizione, ho sempre usato la pittura come una ispirazione di antipittura”, come se la forza vitale, la carica energetica che esprimono le sue opere, nascessero da una intima inquietudine, dal contrasto tra due polarità antinomiche che ora confliggono ora si inseguono ora si sovrappongono, ora mirano a pacificarsi e ad armonizzarsi per poi tornare a divergere, a divagare, a disperdersi.

 

Verde senza alcuna tregua vinilico su tela, 2004.

 

 

Soprattutto il suo linguaggio di simboli primari sembra animato da una spinta primordiale originata da un fondamento naturale oscuro e immateriale che alcuni chiamano inconscio e che il pensiero creativo accoglie ed elabora per cercare di dare rinnovamento e valore alla vita. In questo senso le sue composizioni di parole senza parole non rimandano a mondi precedenti o ad un universo naturalistico, non ci sono figure né sconfinamenti nell'arte informale: conservano una struttura formale mentre il segno pittorico si addensa e si aggroviglia sotto spinte centripete o sembra dilatarsi e quasi dissolversi animato da forze centrifughe. L'abbandono al segno è inizialmente primario se consente di tornare ai principi essenziali che hanno composto il linguaggio umano. Poi, come racconta l'artista, tale abbandono è diventato strutturale: “ho dato immagine alla visione strutturalista del Mondo”grazie alla quale la pittura può liberarsi da propositi descrittivi o da pregiudizi conoscitivi di sapore naturalistico. Volendo qui azzardare una visione psicodinamica della poetica dell'Accardi potremmo parlare della presenza di due “anime”: la prima densa di emozioni ineffabili, di vissuti impalpabili, dispersivi, propri della dimensione irrazionale della psiche, di un inconscio carico di potenzialità vitali ; la seconda votata alla ricerca di un contenimento strutturante, di forme intellegibili che possano esprimere ad un livello più elevato, spirituale, la vita psichica dell'artista e la sua esperienza del mondo.

 

 

Rosso vernice su sicofoil, 1976.

 

 

Procedendo in una esplorazione a volo d'uccello incontriamo, dopo la radicalità del bianco e nero, la scoperta del colore: la sensibilità cromatica e il gioco molto complesso che si anima sulla superficie dei quadri, sembrano ispirati dalle origini siciliane e dall'amore per Matisse: pure tonalità ridotte alla loro essenzialità scaldano e rinnovano la vitalità dei segni, senza ombreggiature, senza sfumature: solo spazi per il Verdeblu il Rossoverde il Verderosso il Violarosso il Rosaverde il Violarossoazzurro accostati in maniera da avere la stessa forza del segno, come il caldo e il freddo. Di nuovo contrasti tra i colori complementari, come tra le superfici e i segni , colori anche fluorescenti, vivificanti al pari delle emozioni che sono per gli esseri umani l'inizio del mondo, capaci di toccare, come dice Matisse,” il fondo sensuale dell'uomo e scoprire in essi la verità che dipinge”. Rimbalza in questo contesto la famosa metafora dell'arte astratta: un grande pianoforte- anima dalle molteplici corde i cui tasti sono i colori.

Lo sguardo dello spettatore scorre dalle forme ai colori “in ardita tensione cromatica” e ricerca più o meno consapevolmente un senso, una illusoria semplificazione di una dimensione altra, più complessa e inafferrabile come la grande varietà e bellezza del mondo. Il gioco di segni e colori alimenta altresì la suggestione che le sue composizioni siano la mappa delle sue emozioni alla ricerca di una forma capace di integrarle, o racchiudano una breve sognante poesia, una romantica novella, una tempestosa battaglia che unisce istinto e pensiero.

 

Triplice tenda vernice su sicofoil telaio in perspex, 1969-71.

 

 

Nei video che la raccontano mentre dipinge su una tela stesa a terra, il pennello procede ora con la calma della scrittura orientale, ora con la cura e l'attenzione di una esperta ricamatrice, ora con la precisione di un monaco amanuense: ondeggia, accarezza la superficie, procede con ritmo rassicurante, sembra dar vita ad un gioco infantile guidato da un adulto che ne asseconda la fantasia compositiva animata da una originaria energia generativa, un mix particolare di abbandono e di padronanza del gesto. Scrive Paul Klee:“ L'arte trascende l'oggetto, quello reale come quello immaginario. Essa fa con le cose un gioco ignaro....come un bambino...noi nel gioco imitiamo le forze che crearono e creano il mondo”.

Costituisce sicuramente un ulteriore momento di crescita e di dialogo con il mondo contemporaneo la scelta dell'Accardi di cimentarsi, negli anni 70/80, con un prodotto industriale di uso corrente: il Sicofoil, una plastica sottile e trasparente a cui sottrae rigidità e freddezza per inserirlo nella sua costante messa in discussione dello statuto stesso del quadro e moltiplicare la complessità del suo sguardo: i fogli, sui quali dipinge i suoi segni colorati, a volte si stratificano producendo trasparenze inusuali, altre volte compongono intrecci complicati ma leggeri, tal altre schiudono finestre o velano la realtà: l'effetto sostanziale è quello di una pittura che, facendosi attraversare dalla luce del giorno, unisce la cultura alla natura con una modalità semplice, abituale. Con lo stesso Sicofoil sperimenterà in modo più completo il superamento della bidimensionalità e l'occupazione dello spazio attraverso installazioni nelle quali è possibile entrare e che spesso ricordano le case elementari disegnate dai bambini. Nella rotonda centrale del Museo è collocata la Triplice Tenda, una installazione con cui sembra compiersi l'integrazione tra pittura e ambiente e che offre una specie di sintesi dell'avventura artistica ed esistenziale dell'Accardi: tre ambienti uno dentro l'altro, colorati dalla luce che attraversa la plastica segnata e in cui è possibile potenzialmente vivere a misura d'uomo. Ci si trova davanti ad una specie di grande quadro tridimensionale, aperto verso tutte le dimensioni, un modello di arte non sacrale in cui coesistono architettura,scultura e pittura, in cui l'originario dialoga con il presente e forse il futuro. Lo spettatore può entrare e porsi “al centro della operazione artistica”, immergersi nella pittura, guardarla dall'interno, vedere il mondo esterno attraverso i segni e i colori dell'arte. Anche il riferimento ad un abitare, un vivere non “dentro cose pesanti, oggetti convenzionali che si accumulano intorno” ma in un ambiente-casa rarefatto fresco leggero spirituale, essenziale .”Arrivare a togliere togliere togliere mi pare un segno della maturità, una parte molto raffinata della maturità”. Anche il riferimento ad una vita nomade, ad una mente nomade che si consente vissuti fluidi, transitori, avventurosi.

 

Rotoli vernice su sicofoil, 1965-69.

 

 

Difficile a questo punto proporre una sintesi di un'artista di lungo corso, di respiro internazionale, restia alle seduzioni della politica delle ideologie delle mode. Il suo stile personalissimo, riconoscibile nella sua lunga e prolifica parabola artistica, è incentrato sul segno, una vera impronta digitale ed elemento unificatore da lei considerato il mezzo migliore per dare visibilità all'energia psichica che ci abita assecondandone “le inesauribili potenzialità espressive”. La Accardi non fornisce spunti per la decifrazione simbolica delle sue composizioni: alla mia personale sensibilita mi raccontano le vicissitudini del pensiero che fluttua, divaga, sembra perdersi nelle fantasticherie ma poi si ricompone in un ordine logico anche ripetitivo prima di ripartire e tentare di di espandersi oltre i limiti, verso l'infinito. Mi ricordano la presenza delle emozioni e dei sentimenti che complicano, riscaldano, raffreddano ogni esperienza di vita. Mi parlano delle sue vicissitudini con il femminismo, da cui si fa attraversare e, liberandosi di ogni riferimento ideologico, descrive una identità femminile fatta di un intreccio di fili: la biologia, l'evoluzione personale, i traumi, l'ambiente sociale, la cultura: una dimensione fluida avventurosa resiliente talvolta labirintica come le sue opere. Piu in generale il suo alfabeto è fatto di significanti semplici e universali che nelle sue opere d'arte si organizzano per esprimere la grande bellezza e varietà del mondo, soprattutto la complessità del mondo psichico e della vita: una perenne oscillazione tra l'ordine e il disordine, la comprensione e il mistero, la ragione e la fantasia, la luce e il buio, la natura e la cultura, il conscio e l'inconscio. Cercare una comprensione definitiva e rassicurante è impossibile: la vita, personale e collettiva , è un grande gioco e rimane enigmatica nella sua essenzialità, può essere solo vissuta, trafitta, potremmo dire. parafrasando Quasimodo, da raggi di luce e colori. Una notazione ambiziosa della nostra artista conclude :” La vita non è arte, l'arte è vita”.

 

© Tutte le foto sono tratte dall’Archivio Accardi San Filippo.

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