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Cinema e guerra

Serie Tv

Carnival Row

Il mito come confine tra ordine e caos

Adelia Lucattini

Carnival Row potrebbe è stato fin dal suo esordio un progetto cinematografico motivatamente ambizioso. La storia si basa sull’idea iniziale dello scrittore e showrunner Travis Beacham che ha poi creato la serie insieme allo sceneggiatore René Echevarria. Si tratta di un lungo spettacolo che si snoda in ben due serie in cui vengono narrate le vicende degli abitanti di un mondo mitico, che attinge a piene mani, con sapienza e ricchezza di particolari, alla tradizione gaelica irlandese.  

Le due serie sono magistralmente interpretate da Orlando Bloom nei panni dell’ispettore della Gendarmeria di Burgue Rycroft "Philo" Philostrate che indaga su un'oscura cospirazione nel cuore della città. Veterano di guerra, che istintivamente simpatizza per gli esseri fatati, a differenza di molti suoi colleghi, che scoprirà soltanto alla fine della prima serie la sua vera origine. Accanto a lui Cara Delevingne interpreta Vignette Stonemoss, la fae-fata alata, amante di Philo, che finisce tra le schiere della banda di criminali fatati noto come “Corvo Nero” e che cerca di far luce sui propri sentimenti nella complicata relazione con Philo. Di spicco anche l’interpretazione di Jared Harris nei panni di Absalom Breakspear Cancelliere della Repubblica di Burgue, David Gyasi come Agreus Astrayon, un facoltoso fauno definito in modo denigratorio "Puck", emarginato dall'alta società di Burgue per il suo aspetto e le sue origini; Jamie Harris che interpreta il Sergente Dombey, un connestabile noto a Burgue per il suo odio verso gli esseri fatati che, grazie a Phylo, avrà modo di rivedere le proprie idee e ravvedersi.

 

Carnival Row mescola magnificamente nella prima serie la magia con il mistero, le indagini di polizia con i conflitti tra fazioni, il sorgere delle discriminazioni e la loro codifica legale che porta alla trasformazione della Row in un lager. Nella seconda serie miscela il desiderio di pace e libertà con gli intrighi di potere e le logiche delle guerre che disprezzano il valore della vita.

Il racconto si snoda intorno alle vicende di una civiltà costituita da creature soprannaturali, le fae (fate) che popolano la regione di Tirnanoc, parola che deriva da "Tir na Nog", espressione gaelica che esprime il concetto di “paradiso”. A Tirnanoc la vita delle fae è incentrata sulle arti, il bene comune, la saggezza e la sapienza, il sommo bene è la Pace concetto che integra non solo l'assenza di guerra, ma rispetto delle differenze, inclusione, valorizzazione degli individui con le loro specificità, dialogo creativo e vitale con l'ambiente naturale che non viene semplicemente preservato ma interrogato e ascoltato poiché la sua memoria e saggezza millenaria arricchiscono le menti e i cuori, nutrono l'inconscio di tutti coloro che vi entrano in contatto. Gli abitanti di Tirnanoc sono educati ad ascoltare la Natura sviluppando delle capacità interne di decodifica del linguaggio specifico dell'interiorità che la natura rappresenta. Gli umani non sono interessati a conoscerli, non ne comprendono il valore, non li ritengono necessari poiché sono legati ai beni materiali, hanno come valore assoluto il denaro e il potere, i ritengono lecito ogni mezzo per ottenerli.

 

 

Tirnanoc è mondo ideale che si inserisce nella tradizione dell'Arcadia e anche per questo fa immediatamente presa sullo spettatore che sarà portato identificarsi sempre con le fae anche nei momenti più duri del racconto. L'Arcadia (dal greco Ἀρκαδία) è una regione storica della Grecia, nella penisola del Peloponneso che nel corso dei millenni e della storia della letteratura, è stata elevata a topos letterario, rappresentazione per antonomasia di un mondo ideale. Anche il continente delle fae sì presenta come una regione montuosa, rigogliosa e verdeggiante, poco abitata per via della sua topografia. Tirnanoc è abitata da fatati come l'arcadia da pastori.  Entrambe hanno un'aura poetica e mitologica al tempo stesso, E sono connotate dal sogno idilliaco, in cui non era necessario lavorare per sostenersi perché una natura ricca e generosa provvedeva a donare ai suoi abitanti il necessario per vivere e prosperare. Non si tratta di un mondo utopico, bensì di un'ideale a cui aspirare, ricco di energia vitale e di valori fondanti che definiremmo democratici, ugualitari, libertari che hanno il loro perno in una fraternità conscia delle differenze che vengono accolte come ricchezza, valorizzate e integrate attraverso l’insegnamento e l'esempio, nel dialogo tra generazioni.

Ma gli umani sono rapaci ed hanno bisogno di espandersi, non possono tollerare la presenza di un mondo di creature mistiche e religiose, hanno mire espansionistiche e come l'Impero Romano hanno bisogno di schiavi e di nuove terre da colonizzare.

Dopo una lunga guerra, i fatati sconfitti sono costretti a migrare nello stato di Burgue dove immaginano di potersi integrare nella società umana. Ben presto si rendono conto che questo non sarà possibile a causa della diffidenza degli umani nei confronti di questo popolo di persone dalle grandi qualità interiori e il cui potere trasformativo temono più di ogni altra cosa. La capacità introspettiva dei fatati, le loro qualità artistiche, il loro spirito ugualitario e democratico, sono vissuti dai notabili di Burgue come un nemico che può minare le fondamenta del proprio mondo, una tirannia basata su privilegi, discriminazione, sfruttamento e riduzione in una schiavitù de facto delle minoranze. I fatati diverranno ben presto una minoranza bizzarra e deforme (i critch) da rinchiudere in un ghetto. La Row vivace e multietnico quartiere, viene presto trasformato un lager, chiuso da invalicabili mura, circondato da milizie armate.

Ciò che colpisce dall’osservazione e scandaglio psicologico dei personaggi, è che umani e fatati sembrano appartenere alla stessa specie da cui i fatati si sono differenziati e attraverso un'evoluzione positiva, si sono trasformati in esseri migliori, dalle qualità superiori. Individui superiori provenienti da un antico futuro che hanno interiorizzato il reso viventi e trasmissibili i valori e gli ideali, da sempre appannaggio di tutta l'umanità. Per preservare questo mondo si sono rifugiati in luoghi lontani e appartati, irraggiungibili dagli umani rimasti ad uno stato più primitivo, fino alla comparsa delle armi da fuoco, grazie alle quali conquistano Tirnanoc, uccidono e deportano i suoi abitanti.

Già nell’incipit della storia il cuore del racconto che si snoderà nei diciotto episodi delle due stagioni: “Per secoli, la patria dei fatati rimase un luogo di mito e leggenda. Finché non arrivarono diversi imperi umani a combattere per le sue ricchezze”. La guerra di conquista di Tirnanoc, segue ‘la grande guerra’ che vede contrapposti per sette anni gli umani della repubblica di Burgue schierati a difesa dei territori fatati da loro presieduti, e il Patto che esce vittorioso dal sanguinoso conflitto, impossessandosi delle ricche terre di fate. Immediato è il richiamo alle guerre del diciannovesimo secolo, la Grande guerra, la Guerra di Spagna e la Seconda guerra mondiale, di cui questa guerra fantasy racchiude molti elementi in una cornice mitologica che attinge alla tradizione gaelica, ben costruita e strutturata che non permette strumentalizzazioni ideologiche. Parla all'inconscio attraverso il potere di una sceneggiatura forte, di immagini coerenti col racconto, di costumi impreziositi dalla bellezza dei particolari, delle ricostruzioni di un ambiente Vittoriano dall’allure teatrale e da personaggi dal fascino straordinario in cui il bene e il male sono sempre ben riconoscibili e si fronteggiano apertamente.

Per misere condizioni di vita, nella Row è difficile anche mantenere la propria identità. Ridotti a puro bisogno, privati della loro cultura e delle loro radici, alcuni fatati finiscono per identificarsi con i loro aggressori e tradiscono il valore fondante della loro natura, la Pace. Divengono così assassini come i loro aguzzini, sotto il nome di Corvo Nero. Altri disperando di poter riconquistare la libertà, tentano vanamente la fuga ben sapendo che alzandosi in volo diverranno come bersagli umani di un arcaico e crudele tiro a volo. Altri ancora come la madre di Phylo, tagliano le ali ai loro bambini nascondendolo le loro origini, nel tentativo di salvarli. Ma non ci può essere una vera salvezza senza un'identità forte, senza un'appartenenza, senza i valori della fratellanza e convivenza, che rende ubertosa la vita dei popoli.

 

Nella seconda serie il ghetto fantasy della Row è descritto con angoscioso realismo, nonostante la ricchezza di magici i e mitologici particolari dei personaggi che la popolano. La Row dove sono stati rinchiusi tutti i fatati, una volta etichettati con l’appellativo “critch” ovvero “diversi”, bizzarri, deformi e non conformi, appare allo spettatore così realistica e claustrofobica, che è difficile immaginare come sia possibile, per gli inermi fatati rinchiusi con la violenza, uscirne, salvarsi dallo sterminio, riconquistare dignità e libertà.

Inoltre, la trama si distacca dalla prima serie che abbiamo visto essere incentrata sui diritti e la denuncia delle discriminazioni, si concentra, infatti, sulla descrizione sulla crisi politica che coinvolge altre forze ostili che entrano a gamba tesa nel delicato gioco di equilibri, come rivoluzionaria Nuova Alba (New Dawn) che causerà una nuova guerra e ne sposterà le alleanze in modo poco lineare e un po’ confusivo.

 

Tra battaglie, intrighi, rapimenti e fughe rocambolesche dei vari protagonisti di vicende parallele che s’intrecciano nel susseguirsi di battaglie e fragili alleanze, alla fine la diplomazia riuscirà con mezzi talvolta estremi, a riportare la pace. Con la pace arriva anche la “liberazione” della Row e dei suoi deportati. Benché non si perda mai il filo logico, le necessità di produzione hanno convinto gli autori a consegnare agli ultimi due episodi la conclusione della serie e la sintesi di tante battaglie, delle guerre e delle vite perse. Di fatto la narrazione resta in sospeso, difficile comprendere la logica che consegna Phylo ad un dolente e solitario vita, arricchita sì dal recupero della figura materna ma che non rivitalizza sufficientemente da consentire una vita affettiva e sentimentale piena, destinato a vivere a Burgue, nutrendosi esclusivamente del ricordo dell'amore per Tourmaline. Altrettanto “out of the blu” appare il matrimonio tra le fae Vignette e Tourmaline, l’amica di sempre che chiude la serie. Quello che manca e forse poteva almeno essere mostrato, è una pacificazione che porti alla convivenza tra popolazioni ed etnie diverse, la loro integrazione nel rispetto delle specificità di ognuno. Dopo tante guerre con la loro scia di distruzione, sofferenza e morte, la ricostituzione dello status quo ante appare una semplificazione che non rende ragione della complessità narrativa accompagnata da ricostruzioni e costumi ammalianti e un accurato scandaglio psicologico dei personaggi, mirabilmente interpretato da tutti gli attori sul set, dalle star alle impeccabili comparse.

 

Paese: Stati Uniti d’America

Anno: 2019-2023

Formato: Serie TV

Genere: drammatico, fantastico, politico, poliziesco, noir

Stagioni: 2

Episodi: 18

Lingua originale: inglese

Sceneggiatura: René Echevarria, Travis Beacham Regia: Jon Amiel

Musica: Nathan Barr

Scenografia: Beatrice Brentnerova, Jiri Macke

Cast: Orlando Bloom, Cara Delevingne, Simon McBurney, Tamzin Merchant, David Gyasi, Andrew Gower, Karla Crome, Arty Froushan, Indira Varma, Jared Harris

 

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