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Cinema e Amori

Nel film

Flow un mondo da salvare

L’amicizia come forma d’amore

Simona Galassi

 

 

 

 

Quando mi è stato proposto di parlare del sentimento d’amore nel cinema, ripensando ai film dell’ultimo anno non ho avuto dubbi, mi è venuto subito in mente Flow - Un mondo da salvare. Spesso diamo per scontato che l’amore romantico sia l’unico tipo di legame che può essere veramente profondo, ma anche l’amicizia può esserlo nella sua intensità e nei suoi significati emotivi più radicati.

Flow è un film che proprio perché tocca un tema d’amore meno prevedibile non si dimentica, proprio rimane lì nella mente e nel cuore, anche dopo tanto tempo, in una connessione emotiva, perché proprio questo è il fulcro e la sua forza, tra tristezza, data dal senso di fine, e speranza nel suo opposto caparbio significato di voglia di vita e di cambiamento nelle avversità.

Questa animazione calda e variopinta nei colori e nelle emozioni arriva dal freddo nord, il regista è un giovane lettone Gints Zilbalodis che crede in una sua idea/invenzione e con un budget limitato usa la tecnologia Open source CGI (Computer-generated imagery) per creare un cartone che solca l’anima e non solo le onde, fino ad arrivare nei cinema di tutto il mondo, vince il Golden Globe ed è candidato a due premi Oscar tra cui, per la prima volta nella storia dell’Academy, la sezione dei migliori film internazionali.

 

Per capire la forza del film è indispensabile conoscere come la scelta di lavorare con lunghi piani sequenza e con un digitale imperfetto avvicini chi guarda ad una animazione classica più morbida della perfezione in live action a cui il cinema ci sta abituando. Proprio questa incompiutezza, anche qui amalgama di differenze, ci coinvolge e intenerisce, noi che osserviamo, facendoci entrare sempre di più nella storia.

L’idea narrativa sembra semplice, ma non lo è difatti, anche se l’animazione diluisce la potenza psichica della trama, il tema di partenza è doloroso poiché gioca su una paura più o meno inconscia e collettiva che riguarda la fine del nostro esistere. Noi esseri umani non siamo destinati a vivere per sempre sulla terra, ere geologiche e trasformazioni naturali possono estinguerci, siamo qui ora, ma il nostro equilibrio è fragile. Il film per questo tema potrebbe ricordare il bellissimo Melancholia di Lars Von Trier, dove una fine incombe sul senso della vita e dell’amore, in questo caso un amore familiare che solo nell’ultimo istante, dopo tanto dolore, si ritrova e si concede in prossimità della catastrofe.

In questa storia post-apocalittica lasciamo in eredità una terra inondata dalle acque agli animali che tentano di adeguarsi per sopravvivere. Di quello che siamo stati emergono solo tracce antiche di case, templi, oggetti di uso quotidiano ed è proprio in quel che resta di una casa che conosciamo il gatto nero protagonista del film, si muove solitario cercando conforto nelle piccole abitudini di un tempo passato per sopravvivere in un mondo ostile, tra nuove avversità e predatori. Ma una nuova inondazione si avvicina, anche quel piccolo mondo/rifugio scomparirà, e per salvarsi cercherà aiuto su una barca.

Qui iniziamo con lui un viaggio che lo vedrà costretto a condividere l’esiguo ma salvifico spazio galleggiante con un labrador, un tranquillo capibara, un lemure e un saggio e maestoso uccello Serpentario. Questi animali, che non “parlano”, perché ognuno ha un proprio linguaggio come è nella reale diversità della natura, impareranno nella necessità di sopravvivere ad andare oltre le proprie paure, oltre le differenze di specie, oltre la diffidenza e capiranno cosa vuol dire amore e cura per l’altro, che si fonde col prendersi cura di sé e probabilmente aumenta le probabilità di sopravvivere, capiranno il valore della cooperazione come condivisione che protegge e dà senso all’esistere. La vita è come acqua corrente, si fluttua in bilico, ma affrontarla insieme è sicuramente meglio che farlo in solitudine.

La eco è quella di una avventura classica costruita su archetipi junghiani, una storia sulla evoluzione dove i protagonisti cresceranno non solo affrontando e superando i propri limiti e le loro paure ancestrali ma aggiungendo un elemento nuovo e trasformativo, la capacità di una amicizia che supera la mera necessità di unirsi solo per la propria paura di solitudine, che spesso rende fragili. L’amicizia come forma d’amore dopotutto dovrebbe rispondere proprio a questo, desiderare di esserci per l’altro nel rispetto delle singole differenze, sentire il piacere di coalizzarsi per superare le proprie vulnerabilità insieme, rimanere accanto anche quando il momento è difficile e pesante da sopportare.

Il film fa riflettere e ci si immedesima su quel desiderio spontaneo dello stare uniti in modo incondizionato e disinteressato, su quel sentimento di amicizia che salva e aiuta a ‘guarire’, nel senso che aiuta a stare meglio e a migliorarci.

Da Flow – un mondo da salvare, ne usciamo rinforzati, ‘animalizzati’ nel senso più umano della parola. Prima, chissà, di scomparire dal mondo possiamo ancora imparare a convivere insieme.

 

Titolo originale: Flow – Un mondo da salvare 

Paese: Belgio, Francia, Lettonia

Anno: 2024

Regia: Gints Zibalodis

Sceneggiatura: Gints Zibaldois, Matiss Kaza

Fotografia: Gints Zibaldois

Musiche: Gints Zibaldois, Rihards Zajupe

 

 

 

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