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Cinema e guerra

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Giochi proibiti

I bambini e la guerra

Antonella Dugo

1940, i tedeschi bombardano la strada in uscita da Parigi, dove una lunga fila di uomini donne e bambini, a piedi o in macchina, cerca di fuggire dalla città che sta per essere occupata dai nemici. Ad ogni attacco dal cielo tutti abbandonano la strada e cercano scampo nei fossati adiacenti: anche Paulette, con il padre e la madre, sta fuggendo, prima in automobile poi a piedi quando l’auto non riparte. Paulette ha cinque anni e segue i genitori stringendo al petto il suo cagnolino Jock; un altro attacco e tutti corrono, Paulette nella corsa perde il cagnolino che scappa per la strada, la bambina lo rincorre e dietro di lei i genitori che la raggiungono, e si sdraiano per terra per non essere colpiti dalle bombe. Cessato il bombardamento Paulette si alza e si rende conto che i suoi genitori sono morti, cerca il cagnolino che vede nell’acqua del fiume poco distante, scende al fiume riesce a prendere Jock, morto, e stringendolo tra le braccia comincia a vagare per la campagna.

Qui si interrompe la storia di Paulette, che diviene il suo passato, del quale non riesce e non vuole ricordare nulla: lei è Paulette e il cagnolino è Jock. Mentre cammina per la campagna Paulette incontra Michel, un bambino di dodici anni, figlio di contadini che abitano nelle vicinanze. Michel accoglie la bambina smarrita e decide di portarla dalla sua famiglia Dollè. I Dollè sono contadini poveri, molto arretrati e pieni di pregiudizi e litigiosi con i vicini dai quali si sentono perseguitati: persone non in grado di orientarsi nel mondo in preda alla paura e alla “malasorte”.

 

L’arrivo di Paulette desta sospetto, ma Michel riesce ad evitare il possibile rifiuto, e a modo loro i Dollè si affezioneranno a Paulette, che bisognosa di affetto e di nido si ambienterà e riuscirà a nutrirsi del poco cibo e del poco amore che le verrà dato. Ma è il forte e profondo legame tra Paulette e Michel che farà da filtro tra il mondo interno sconvolto della bambina e la difficile realtà.

Michel si prende cura di Paulette, le insegna tutto quello che sa del mondo, e cerca di soddisfare i suoi desideri e i suoi bisogni, ma soprattutto condivide con lei la magia e l’onnipotenza della fantasia infantile. Paulette attraverso Michel comincia a interrogarsi e ad osservare i piccoli eventi della famiglia Dollè, ma è attraverso il gioco, i loro giochi, che prende contatto con quelle emozioni e pensieri dai quali, in presa diretta, sarebbe sopraffatta e annichilita.

I giochi dei due bambini cominciano con la sepoltura del cagnolino Jock, Michel insegna alla bambina il rituale della sepoltura, il saluto, la preghiera, la croce, ma Paulette non vuole lasciare solo Jock, nel timore che da solo si annoierà. Da qui l’idea di seppellire accanto a Jock altri animali, per lo più insetti, poi un pulcino e un coniglio. Questo gioco coinvolge Paulette e Michel, che si occupano del loro cimitero in segreto, e per tutto il tempo disponibile. La scelta degli animali da seppellire e dove rifornirsi delle croci li porta ad osare e a rischiare di essere scoperti. Paulette vorrebbe la croce dell’altare della chiesa per “un grande animale, forse una giraffa”, oppure la piccola croce del rosario di una donna che “andrebbe bene per una piccola ape”. Il cimitero si allarga e si completa: su ogni croce Michel aggiunge il nome dell’animale sepolto e adorna con fiori tutte le sepolture. Seppellire gli animali morti fa sentire Paulette viva, c’è Michel, ci sono i Dollè, ha una famiglia a cui appartenere e a chi le chiede come si chiama risponde Paulette Dollè. “I giochi e la loro organizzazione devono essere considerati come parte di un tentativo inteso a tenere a bada l’aspetto pauroso del gioco” (Winnicott). Attraverso il gioco della sepoltura comunicano ripetutamente il movimento del distacco e della perdita e la bambina può giocare il doppio ruolo di vittima, perdita e solitudine, ma anche rabbia e frustrazione nei confronti dei genitori che l’hanno abbandonata. Il gioco è l’unica possibilità per Paulette di avvicinarsi al dolore della perdita dell’oggetto materno con il quale il legame della dipendenza è ancora necessario e non può slegarsi se non appoggiandosi a figure sostitutive.

Il gioco proibito verrà scoperto, troppe croci mancano dal cimitero della chiesa, Michel distrugge il cimitero segreto degli animali, ma arriva la polizia, si è sparsa la voce della bambina orfana di guerra e Paulette viene portata via.

Nell’ultima scena una grande sala piena di gente e bambini, Paulette è seduta in un angolo, una signora le da una caramella e le dice che presto sarà contenta perché si troverà insieme a tante bambine come lei, quando sente chiamare “Michel Michel”, si alza e cerca Michel tra la folla, si mette a piangere e chiama “mamma!”.

Giochi proibiti è un film girato nel 1951 da René Clément, nello stesso anno ha vinto il Leone d’oro al festival di Venezia e l’Oscar come miglior film straniero a Los Angeles. Ancora oggi sorprende la capacità del regista di cogliere la poesia e la fantasia del mondo infantile in contrasto con la distruttività del mondo degli adulti. Clément dirige i due piccoli interpreti con sapienza e profondità di analisi. Il film è considerato a ragione un capolavoro.

 


Titolo originale: Jeux interdits

Paese di produzione: Francia Anno: 1952
Regia: René Clément Musica: Narciso Yepes

Cast: Georges Poujouly, Brigitte Fossey.

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