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Cinema e donne

Nel film

Gloria!

Un film sul genio femminile. Dai margini della storia alla conquista del diritto di essere ascoltate

Katia Trifirò

È nella tensione tra silenzio e suono che si snoda l’essenza filmica di Gloria! (2024), opera d’esordio alla regia di Margherita Vicario, attrice e cantautrice romana che attinge alle risorse espressive sperimentate in ambito musicale per attivare, attraverso il linguaggio cinematografico, uno spazio di visione, e di riflessione, su donne e creatività. Non è solo la scoperta di un pianoforte a rappresentare una possibilità rivoluzionaria per le orfane del Sant’Ignazio, istituto religioso del Veneto di inizio Ottocento nel quale la storia è ambientata, ma è soprattutto l’affermazione del talento come strumento di ribellione a scardinare e sovvertire catene e gerarchie, nel segno della sorellanza e della forza dell’arte.

In una quotidianità fondata sulle regole imposte dagli schemi rigidi dell’educazione cattolica e dalle leggi implacabili del patriarcato, la cameriera Teresa (Galatéa Bellugi), soprannominata “la muta”, e le altre giovani protagoniste (tra le quali Carlotta Gamba, Veronica Lucchesi e Sara Mafodda) trovano, proprio grazie alla musica e al suo potere salvifico e liberatorio, l’occasione per mobilitare l’immaginazione e nutrire la capacità di aspirare ad un destino diverso da quello, apparentemente senza via di fuga, che le accomuna. Ovvero, abbandonare ogni sogno, spegnere la propria carica creativa, rinunciare ad un’esistenza fuori dai confini dell’istituto.

Presentato in concorso alla 74ͣ edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino e con tre candidature ai Nastri d’Argento, il film nasce dall’urgenza di trattare il tema del lavoro artistico femminile in ambito musicale, a partire da un’indagine sulla storia delle donne musiciste e compositrici recluse in conventi e orfanotrofi tra il ’400 e l’800, le cui tracce sono colpevolmente scomparse anche dalla memoria comune. Se il contesto materiale e sociale che condiziona le pratiche di ascolto è una questione politica di diritti e responsabilità, porsi in ascolto del « rumore dei conflitti sociali, i ritmi delle lotte e dei desideri comuni»[1], riconfigurando storie e spazi marginalizzati, forme di adattamento e di resistenza, come Gloria! punta a fare, significa rimettere al centro l’impegno per il riconoscimento dei percorsi, individuali e collettivi, rimasti fuori dai canoni storiografici della cultura e delle arti.

Esito di una radicata condizione di deprivazione materiale e culturale, il silenzio delle donne nella storia della produzione creativa e intellettuale è stato indagato da scrittrici, artiste, studiose, trovando nella folgorante immagine della “stanza tutta per sé” evocata da Virginia Woolf una sintesi esemplare[2]. Si tratta della rivendicazione di uno spazio di libertà ed espressione, insieme concreto e simbolico, di cui le donne sono state a lungo private, vittime del complesso sistema di aspettative tradizionalmente imposte al loro ruolo nella società. Una stanza tutta per sé e del denaro: ecco le condizioni che avrebbero potuto rendere una donna libera di dedicarsi alla letteratura, alla filosofia, al teatro e che, invece, le sono state negate. «La libertà intellettuale dipende da cose materiali», afferma la scrittrice inglese nel 1929, e «le donne sono sempre state povere, sin dagli inizi dei tempi», con «meno libertà intellettuale di quanta non ne avessero i figli degli schiavi ateniesi»[3].

Queste stesse argomentazioni sono riprese negli anni Sessanta da Simone de Beauvoir, secondo la quale «per poter scrivere, per poter realizzare qualcosa, bisogna innanzitutto appartenersi»[4] e la donna, storicamente, non si appartiene. Se infatti nel corso della storia dell’umanità le realizzazioni femminili in tutti i campi, da quello politico e artistico a quello filosofico, sono state per numero e per qualità molto inferiori a quelle degli uomini, non è certo per una inferiorità biologicamente determinata, come pretenderebbero certi antifemministi, bensì per il sistema educativo e il contesto socio-culturale che ha mantenuto la donna in uno stato di inferiorità, impedendole ogni realizzazione e lasciandola ai margini di un mondo dominato dagli uomini. Parafrasando Stendhal, ogni genio che nasca donna, è perso per l’umanità: «per quanto un individuo sia pieno di talento in partenza, se queste doti non possono essere sfruttate a causa delle sue condizioni sociali, a causa delle circostanze in cui si trova, tali doti resteranno sterili»[5].

Da questo punto di vista, illuminando attraverso l’invenzione filmica un’esperienza cancellata, resa invisibile, relegata ai margini della storia della musica – se non del tutto rimossa – Gloria! sembra rispondere ad un’esigenza, non solo narrativa, recentemente avanzata dalla saggista Daniela Brogi. Secondo la studiosa, non si tratta tanto di aggiungere nomi o capitoli a parte, quanto di cambiare l’inquadratura, lo sguardo, il modo di raccontare presenze e mancanze, con una sintassi e una architettura diverse: «di esse fanno parte gli assetti ideologici, cognitivi, emotivi, rispetto ai quali la formazione delle donne, per esempio, è stata scoraggiata e mantenuta su livelli dilettanteschi», sostiene Brogi. Ma anche quando le artiste c’erano, «sono state lasciate ai margini del campo culturale e dello spazio pubblico, o dimenticate, considerate come estranee, intruse, trattate da eccezioni ingombranti»[6].

Una condizione di silenzio, in definitiva, contro la quale rivendicare il diritto alla parola e all’autorappresentazione, restituendo la voce a chi non l’ha potuta avere. Non solo per adottare una prospettiva storica che tenga conto delle condizioni culturali e materiali che hanno limitato a lungo la possibilità per le donne di esprimersi liberamente, di realizzarsi, di appartenersi, ma anche per volgere l’attenzione al presente con l’obiettivo di chiedersi quanto ancora ci sia da fare per il superamento di ogni barriera, provando a disegnare un futuro più giusto in termini di opportunità e reciprocità.

 

Titolo originale: Gloria!

Paese di produzione: Italia

Anno: 2024

Regia: Margherita Vicario

Soggetto: Margherita Vicario, Anita Rivaroli

Fotografia: Gianluca Palma

Musiche: Margherita Vicario, Davide Pavanello

Cast: Margherita Vicario, Galatéa Bellugi, Carlotta Gamba, Veronica Lucchesi, Maria Vittoria Dallasta, Sara Mafodda, Paolo Rossi, Elio, Vincenzo Crea, Natalino Balasso, Anita Kravos, Jasmin Mattei

 

[1] Brandon LaBelle, Giustizia acustica. Ascoltare ed essere ascoltati, Roma, Nero, 2023.

[2] Virginia Woolf, Una stanza tutta per sé, Milano, Feltrinelli, 2005.

[3] Ivi.

[4] Simone de Beauvoir, La donna e la creazione, conferenza tenuta in Giappone nel 1966, in Quando tutte le donne del mondo…, Torino, Einaudi, 2019.

[5] Ivi.

[6] Daniela Brogi, Lo spazio delle donne, Torino, Einaudi, 2022.

 

 

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