☰  
×
eidos

Cinema e guerra

Nel film

Holy Spider

Indagine su un maschilismo al di sopra di ogni sospetto

Andrea Arrighi

Holy Spider, capolavoro non sufficientemente valorizzato del regista Ali Abbasi, iraniano, naturalizzato danese, ci intriga immediatamente coinvolgendo lo spettatore in un’apparente “detective-story”: un serial killer di prostitute che appare “particolarmente” introvabile dalla polizia iraniana di Mashhad, città santa in Iran. Il film è ispirato ad una storia vera e il pubblico occidentale, probabilmente, si chiede se una simile trama possa essere stata realmente “vissuta”. Infatti appare chiaro in breve tempo che la polizia locale non sembra proprio interessata a risolvere il caso: ci vorrà una giornalista che intuisce il maschilismo di fondo che pervade non solo le forze dell’ordine indaganti, ma anche l’opinione pubblica del luogo per risolvere l’enigma. E’ lei che si sente “costretta” a fingersi prostituta per cogliere in “flagranza di reato” l’omicida in questione. Quando il serial killer viene catturato, diventa coinvolgente il processo, proprio perché l’imputato cerca a questo punto di presentarsi come un “giustiziere” che vuole salvaguardare e onorare i valori religiosi dell’Iran più fondamentalista. “Ragno sacro” è appunto il nome in codice con cui viene chiamato dalle autorità che indagano: avrà dalla sua parte una notevole fetta di opinione pubblica e una parte delle forze dell’ordine, al punto che la giornalista e chi collabora con lei, dovrà accertarsi  che la condanna venga veramente  eseguita.

 

 

La storia brillantemente descritta nel film di Abbasi mi ha ricordato un celebre cult-movie italiano degli anni ‘70,  un noir, poliziesco e giallo – categorie che, come visto, corrispondono  bene anche a  Holy Spider – diretto da Elio Petri: Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto. Il protagonista è un dirigente di pubblica sicurezza che uccide la sua amante, una donna che durante i rapporti sessuali, invita il commissario a raccontargli particolari scabrosi del suo lavoro e si diverte a farlo ingelosire dicendosi amante di un giovane anarchico suo vicino di casa. Il funzionario, in modo diverso ma simile al serial killer in Holy Spider, pensa con arroganza, che non verrà mai incriminato veramente, dato il suo ruolo istituzionale e di maschio in una società italiana, in quegli anni ancora dichiaratamente maschilista. Infatti è lo stesso commissario a fornire prove a suo carico  e allo stesso tempo, depistare chi indaga, in tempi alterni, con ironica arroganza, propria di chi desidera vedere fino a che punto arriva la sua “impunibilità”.

Anche nel film di Abbasi si ha quasi l’impressione che il serial killer resterà comunque impunito. Lo vogliono, neppure velatamente, molte forze dell’ordine e una parte dell’opinione pubblica, come accennato. Le motivazioni religiose certamente sono centrali. Ma a noi occidentali, prevalentemente laici, questo film parla in modo significativo perché ci ricorda comunque la forza sempre notevole che il maschilismo, nelle sue differenti forme, ancora possiede anche nella nostra cultura.  La figura della prostituta, in particolare, crea disagio, in quanto persona “tentatrice”, che mette in crisi eventuali matrimoni e, certamente, offende in un qualche modo il “buon senso” comune.  La prostituta rappresenta anche, in termini più generali, una figura femminile che, in un qualche modo, domina un maschile “schiavo” del piacere sessuale fine a sé stesso e gli mostra questa stessa debolezza e dipendenza, creando disagio e paura nei maschi meno sicuri di sé.

Nel film troviamo situazioni in cui anche la protagonista è messa alla prova come donna: deve mostrarsi irreprensibile come donna, nei suoi comportamenti pubblici e resistere a velate allusioni sulla sua condotta privata e a  tentate molestie sessuali da parte delle stesse forze dell’ordine.   Holy Spider mi sembra per questi motivi un’opera notevole perché apre lo spazio a una riflessione molto più ampia rispetto alla vicenda trattata. La famiglia del serial killer, ad esempio, non condanna il “buon padre di famiglia”, anche una volta riconosciuto colpevole; piuttosto lo difende, mostrando come il mondo femminile e domestico possa essere spesso incline a subire la violenza di genere, considerarla normale, come fosse qualcosa da insegnare ai figli stessi.  In opere dove vengono mostrati abusi sessuali, chi violenta spesso dice alla vittima: “Sei una puttana!” quasi a volersi in un qualche modo “autolegittimare” nell’agire uno stupro, come accade nel film Believe Me (di J. Donovan, USA, 2018), dove viene mostrato, in un caso estremo, quanto una ragazza abituata agli abusi sessuali in famiglia, facilmente impari a sottomettersi anche a occasionali violentatori extrafamiliari, anche per poter, semplicemente, sopravvivere, non essere uccisa. Successivamente, la protagonista avrà problemi soprattutto ad essere creduta anche dalle autorità, una volta sfuggita dal suo rapitore. Holy Spider parla quindi di un maschilismo ancora dilagante, indiretto, velatamente diffuso, anche ad un pubblico occidentale, certamente non così condizionato dalla religione come in alcuni paesi fondamentalisti musulmani, ma tuttavia  ancora poco propenso a favorire, particolarmente in Italia, un’educazione sessuale e all’affettività  nelle scuole dell’obbligo, che potrebbe rendere più consapevoli proprio le giovani donne non solo del loro corpo, ma anche dei loro diritti e degli stereotipi di genere, ancora largamente diffusi, anche nei paesi più economicamente sviluppati dell’Occidente. Parla anche della battaglia per i diritti delle donne che porta avanti la coraggiosa protagonista in un paese fondamentalista come l’Iran di questi tempi. Combattere per essere rispettate sempre e comunque in un contesto dove la prostituzione è la deriva conseguente a povertà estrema, o a tragiche vicissitudini. Ricordiamoci che proprio il tema della prostituzione, nelle sue differenti forme, mette   spesso in discussione le posizioni professionali e le vite private non solo di comuni cittadini, ma anche di personaggi molto noti nel mondo politico o commerciale. Il movimento “Me Too” in campo cinematografico e artistico, racconta quanto la sessualità sia spesso “materia di scambio” obbligatoria, in certi casi, per poter lavorare. Mentre scrivo arriva la notizia dell’ex presidente americano Trump accusato di aver pagato una porno star per tacere su una loro relazione. Il maschilismo, anche nelle forme più violente, resta spesso ancora non sufficientemente sanzionato, come nel film di Petri. Film come quello di Abbasi certamente possono permettere di compiere piccoli passi avanti in termini culturali, non solo in Iran.

 


Titolo originale: Holy spider

Paese di produzione: Danimarca, Germania, Svezia, Francia Anno: 2022
Regia: Ali Abbasi
Musiche: Martin Dirkov

Cast: Mehdi Bajestani, Zahra Amir Ebrahimi,
Arash Ashtiani, Forouzan Jamshidnejad, Alice Rahimi,
Sara Fazilat, Sina Parvaneh, Nima Akbarpour, Mesbah Taleb

 

Vedi tutto il numero





La redazione è a disposizione con gli aventi diritto con in quali non è stato possibile comunicare, nonché per eventuali involontarie omissioni o inesattezze nelle citazioni delle fonti dei brani o delle foto riprodotti in questa rivista.