Cinema e Amori
Nel film
Il regista cileno Pablo Larrain torna sullo schermo con un film, in concorso alla Mostra Internazionale d’Arte cinematografica di Venezia 2024, che prosegue il filone dedicato alle figure femminili iconiche del 900. Dopo Jackie (2016) e Lady D (2021), egli rivolge lo sguardo a Maria Callas, la grande soprano che ha incarnato le protagoniste più famose del melodramma, e ne ripercorre la vita ricca e tumultuosa.
Il film si snoda sui diversi registri della vita pubblica e privata della soprano e soprattutto delinea la discrasia tra la Callas, diva acclamata e idolatrata e Maria, la donna dimenticata e abbandonata anche dalla sua voce.
Siamo nel 1977, negli ultimi giorni di vita della cantante, morta a 53 anni nella sua casa parigina, dove abita in compagnia di due fedeli e affezionati domestici, la sua “famiglia” - come Maria li definisce. Bruna, (Alba Rohrwacher) e Ferruccio (Pierfrancesco Favino) che sono al tempo stesso amici, complici, parenti, angeli protettori, gli unici affetti che alleviano la solitudine pesante e oppressiva, divenuta fedele compagnia della cantante. Isolata dal mondo esterno e dal mondo dell’arte, dipendente dagli psicofarmaci, non si rassegna all’idea di non poter più contare sulla sua splendida voce ormai scolorita.
L’arco temporale dell’ultima settimana di vita della Callas incornicia una narrazione frammentaria, che sembra riflettere l’inquietudine e il malessere della protagonista, avviluppata nella ricerca della sua voce e di se stessa. Attraverso flashback e inserti fantasmatici il regista mostra episodi della straordinaria e intensa vita artistica e privata della soprano, la quale si racconta ad un immaginario giornalista per una autobiografia mai compiuta, nel tentativo di ricomporre la sua storia. Realtà, fantasmi e ricordi si mescolano e si confondono in un flusso spazio-temporale tra passato e presente, tra qui e altrove, tra interno e esterno. Il racconto si snoda, dunque, tra il piano illusorio e del ricordo e il piano di un presente tormentato. “Non c’è stato un solo giorno normale” - osserva Ferruccio, il maggiordomo- come a sottolineare la sofferenza e la instabilità emotiva di Maria.
Maria vaga per la sua casa elegante e sontuosa, in un reticolo di stanze affollate e di porte comunicanti, in cui si embricano statue classiche e fotografie private, la fredda grandiosità del mito e il calore degli affetti, e che sembra rappresentare uno spazio interno in cui si mescolano passato e presente, tragedia e realtà. Maria vaga per la città in cerca di fantasmi privati e di adulazioni pubbliche, forse nel tentativo di ritrovare una se stessa imprigionata in un vertiginoso slittamento tra la sua mitologia e la umana fragilità. Vaga, come il pianoforte che, nella sua casa-palcoscenico, Maria deve spostare continuamente, come a rappresentare la propria difficoltà di dare un posto a se stessa.
“Noi siamo parte di quel gruppo ristretto di persone che possono andare ovunque nel mondo, ma che non possono mai scappare”, dice in un incontro col presidente Kennedy. Le inquadrature, quasi soffocanti del volto della Callas/Jolie, costretto in primi piani scultorei, sembrano esaltare la maestosità della “divina” e al tempo stesso catturarne l’angoscia e la claustrofobia, così come il susseguirsi delle interpretazioni più celebri da I puritani, a Tosca, a La traviata, a Carmen punteggia la straordinaria carriera artistica e al tempo stesso ne segnala il declino: ogni aria diventa metafora dello stato d’animo di Maria.
Il presente si sovrappone e si interseca con i successi del passato; innesti di immagini d’archivio e fugaci momenti con il suo grande amore, Onassis, creano atmosfere dense e suggestive che sottolineano gli aspetti tragici della vita di Maria.
Il regista ci mostra il mondo di paure e di ossessioni nelle quali Maria si sente ingabbiata, lasciando intravedere un rapporto non risolto con la propria immagine e con la sua corporeità.
Affiora il ricordo di sua madre, che durante la guerra, offriva le sue due figlie agli invasori: Maria veniva apprezzata per la sua voce e la sorella desiderata per la sua sensualità. Tale dualismo, voce – corpo, lo ritroviamo nelle parole di Onassis, durante il festeggiamento per il compleanno del Presidente Kennedy. Al termine degli auguri cantati da Marylin Monroe, egli commenta rivolgendosi a Maria: “A nessuno interessa della sua voce, come a nessuno interessa del tuo corpo”. La violenza di queste parole, forse, ha sigillato, nel vissuto di Maria, la profonda scissione tra la musica e il “corpo”, tra l’arte e la vita, sentite come polarità che non possono essere integrate ma solo contrapposte o coincidere. “La vita è la musica… la mia casa è il palcoscenico.”, dice Maria, come a ribadire l’impossibilità di pensarli come parti di sé che possano coesistere in una relazione di scambio e arricchimento reciproco.
Maria è dunque la Callas, “La Divina”, una voce senza corpo, un essere idolatrato, incapace di vivere se stessa e il proprio corpo come oggetto di desiderio al di fuori della dimensione artistica.
“Dimentica la musica e vivi!”, la esorta la sorella Iakinti, in una scena molto emozionante nella quale le due si rincontrano.
Maria celebra il fascino senza tempo della musica lirica, del suo potere evocativo e di una delle soprano più significative e innovative del secolo scorso, che alle doti musicali univa una eccezionale capacità interpretativa. Tratteggia la figura di una eroina tragica, votata alla morte, totalmente fusa e confusa con le protagoniste dei melodrammi da lei stessa interpretate e delle quali, forse Maria si è servita per poter vivere.
Titolo originale: Maria
Paese di produzione: Italia, USA, Germania
Anno: 2024
Regia: Pablo Larrain
Sceneggiatura: Steven Knight
Fotografia: Ed Lachman
Cast: Angelina Jolie, Pierfrancesco Favino, Alba Rohrwacher, Haluk Belginer, Kodi Smit-McPhee, Valeria Golino
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