Cinema e progresso
L'intervista
Benedetto: Benvenuto Enzo! Puoi presentarti?
Enzo: Vivo da sempre a Rometta Marea (ME), e insegno filosofia teoretica al dipartimento di scienze cognitive dell’Università di Messina.
B: Tu hai studiato il rapporto tra cinema e neuroscienze da un punto di vista innanzitutto filosofico e poi psicologico. Da quale interesse specifico sei stato mosso?
E: La prima motivazione è stata didattica. In quasi vent’anni di insegnamento accademico, in particolare nei corsi di psicologia e del dams, ho approntato un metodo di studio e discussione collettiva di film e serie tv: la filmanalisi. Si tratta precisamente di una modalità peculiare di visione collettiva di un’opera cinematografica o telefilmica, la quale procede per proiezioni di macrosequenze intervallate da osservazioni, discussioni, rilievi, “scoperte” sui tratti via via covisionati. La fecondità dialettica del forum è assicurata dall’interazione dei diversi gradi di preconoscenza dell’opera da parte del pubblico (si va da chi non ha mai visto il film, al/la fan che conosce a memoria ogni battuta). A differenza del cineforum classico, la filmanalisi consente di mantenere costantemente viva l’attenzione spettatoriale anche nei casi il cui l’opera è complicata e di difficile intelligibilità. Dal lato del didatta, peraltro, l’impostazione filmanalitica garantisce l’aggancio al metodo filosofico tradizionale, la maieutica socratica, perché costituisce un dispositivo eccezionale per far concepire e partorire, dalle menti di chi partecipa e in una dimensione comunitaria: osservazioni, riflessioni, pensieri personali e gruppali, a volte originali.
In questo quadro, il mio interesse per il cinema si è allora rivolto sempre più verso la fruizione che verso la produzione. Da qui l’incontro, direi, “naturale” con le neuroscienze, in particolare con la loro nozione di simulazione incarnata.
B: Puoi delinearci questo concetto e indicarcene la portata nell’ottica fruizionale di cui ci stai parlando?
E: La simulazione incarnata (embodied simulation) è il meccanismo neurale fondamentale, di tipo pre-emotivo e proiettivo, che presiede sia all’instaurazione della relazione dialettica corpo/mente, sia alla loro interazione con il mondo. Il presupposto è che i medesimi circuiti neurali su cui si basano le nostre esperienze “dirette” (sensoriali, emozionali, azionali) vengano finzionalmente/funzionalmente – simulazionalmente – attribuiti agli altri umani, aiutandoci così nella comprensione del senso di molti vissuti e comportamenti tanto nostri, quanto altrui. Ecco perché la simulazione incarnata fa meglio comprendere l’esperienza della finzione cinenarrativa, nella sua comunanza e differenza dall’esperienza reale.
Per afferrarne ancora meglio la fisionomia, è utile un raffronto con la nozione di empatia. Se infatti l’empatia è la capacità di provare simultaneamente le emozioni altrui, comprendendone appieno lo stato d’animo, allora la simulazione incarnata contiene le condizioni pre-emozionali e neurali dell’empatia. Pensiamo ora alla straordinaria virtù del cinema di sollecitare l’empatia spettatoriale: ognuno di noi “sa” per esperienza diretta che un film può farci empatizzare non soltanto con altri umani, benché finzionali, ma anche con altri esseri viventi (p.es. l’asino di Au hasard Balthazar di Robert Bresson), e inoltre con viventi “disegnati e animati” (la storia di Bambi o quella di Mufasa in The Lion King), e persino con una busta di plastica (come nella celebre sequenza di American Beauty di Sam Mendes). Ebbene, l’empatia cinespettatoriale ha origine dalla meccanica della simulazione incarnata; la sua genesi è neurale prima ancora che emozionale. E una tale precondizione neurale dell’emozionalità ha anche un notevole interesse filosofico e psicologico.
B: Come se il cinema avesse concorso allo sviluppo delle ricerche e delle scoperte neuroscientifiche? Quindi un po’ come se avesse previsto il futuro?
E: È esattamente quello che i neuroscienziati ammettono senza riserve, quando riconoscono i registi del cinema come i loro precursori diretti nell’indagine sul rapporto tra l’apparato percettivo umano e le tecnologie. Infatti la maggior parte dei registi si pone da sempre l’obiettivo di coinvolgere i sensi degli spettatori nella maniera più intensa possibile, trasferendo sullo schermo quelle strategie di elicitazione e mantenimento della tensione emotiva, basate su una perspicua “conoscenza istintiva” delle reti neurali, che l’apparecchiatura tecnica più avanzata consente loro. Questa prassi ha così preparato la strada alle ricerche neuroscientifiche degli ultimi decenni.
B: Il riferimento al corpo implicato dalla embodied simulation è coerente con il recente paradigma neuroscientifico della cognizione incarnata?
E: Sì, ne rappresenta il conseguente approfondimento in direzione estetica, a cominciare dalla recezione della distinzione radicale tra corporeità materiale (Körper) e corporalità vivente (Leib). Anzi, a mio avviso con la simulazione incarnata si apre la possibilità di un passo ulteriore nella comprensione dell’umano, perché questa nozione invita a pensare la concretezza carnale del corpo umano come pulsionalità neurale che, trasmettendosi alle strutture dei vari tessuti, ne avvia il funzionamento dal livello muscolare al sensoriale, dall’emotivo al cognitivo, dalla percezione alla rappresentazione simbolica. Ciò viene a significare che tutti gli schemi “superiori” (percettivi, emozionali, cognitivi, rappresentazionali), tramite i quali si configurano le nostre relazioni con il reale, sono prefigurati nella carnalità degli schemi neurali, la cui caratteristica di fondo è di essere appunto simulazionali, alla lettera: fare e farsi simili, rendere cose, persone e atti, proprio simili a cose, persone e atti già sperimentati, e rendersi simili a qualcosa o qualcuno per poterne fare esperienza.
Prendiamo p.es. uno schema simulazionale come la mappatura cerebrale dello spazio attorno al corpo, detta anche spazio motorio peripersonale: la sua costituzione è anteriore allo spazio tattile, visivo e acustico. Così, la spazialità nelle storie narrate dai film può essere esperita e colta percettivamente anche mediante la simulazione delle potenzialità motorie dei personaggi sullo schermo e dei movimenti dello sguardo della macchina da presa o della videocamera che li riprende.
B: Puoi citare qualche esempio filmico in cui viene a incarnarsi questa concettualità che hai richiamato?
E: Mi rifarò a un esempio dalla icasticità cristallina, analizzato già in Lo schermo empatico di Vittorio Gallese e Michele Guerra. È tratto da Notorious di Hitchcock, e concerne la scena del ratto della chiave della cantina di Sebastian da parte di Alicia. Qui il pubblico, proprio grazie all’attivazione della modalità simulativa, in connessione con lo spazio peripersonale, è indotto ad anticipare e comprendere, ma ingannandosi, il movimento osservato altrui. La situazione, agli amanti di Hitchcock, è nota; qui mi limito, comunque, alle informazioni essenziali per l’intelligenza dell’“inganno alla fruizione”, astraendo dal perfetto congegno di “suspence” che il regista anglosassone ha costruito intorno a questa scena memorabile: Alicia deve sottrarre al marito una chiave che lui tiene in un mazzo da cui non si separa mai. Propongo dunque otto fotogrammi della scena.
Qui assistiamo al movimento di macchina della “falsa soggettiva”: le inquadrature 4-6 simulano la soggettiva di Alicia, ma le successive 7-8 rivelano che si è trattato di un movimento oggettivo, extrapersonale. Quando sullo schermo il mazzo di chiavi entra nello spazio peripersonale degli spettatori, costoro attribuiscono automaticamente quel movimento di macchina ad Alicia – “automaticamente”, cioè grazie all’attivarsi simulazionale dei circuiti neurali premotori, i quali traducono la forma tridimensionale delle chiavi (oggetto afferrabile) nel programma motorio predisposto ad afferrarle.
Ma dall’inquadratura 7 in avanti l’attribuzione viene immancabilmente frustrata: Alicia non si è avvicinata nemmeno di un centimetro al tavolo, sta ancora ferma sulla soglia.
B: C’è qualche altra nozione degna di considerazione in questo incontro epistemicamente fecondo tra cinema e neuroscienze?
E: Non possiamo congedarci senza menzionare la simulazione liberata, legata all’esperienza singolare di trascendere il proprio corpo, pur rimanendone “all’interno”. La simulazione liberata costituisce la caratteristica della nostra esperienza vissuta quando sospendiamo temporaneamente le nostre credenze relative al mondo reale, specie durante una visione filmica, allorché si liberano energie, fin lì indisponibili, che fungono da supporto a intuizioni in grado di rivelarci nuovi aspetti del mondo e di noi stessi. Rispetto, infatti, alla sospensione temporanea dell’incredulità, già descritta classicamente da Coleridge, il punto di vista neuroscientifico fa un passo avanti, leggendo l’esperienza estetica sollecitata dalla visione di un film come una liberazione di energia simulazionale, risultato di un potenziamento dei meccanismi neurali di rispecchiamento. Così, nel guardare un film, la nostra immobilità ci rende capaci di liberare interamente e potentemente, in un movimento dall’interno verso l’esterno, le nostre risorse di simulazione incarnata per metterle – anche in maniera creativa – al servizio di una relazione immersiva con i personaggi finzionali.
Ed è quasi superfluo aggiungere che un tale specifico autotrascendimento è un fenomeno degnissimo di studio tanto psicologico quanto filosofico. Anche perché è dimostrazione plastica di come la cinefruizione possa essere qualcosa di tutt’altro che passivo, anzi di autenticamente creativo.
f. 1:
primo piano di Alicia, in abito da sera elegante, ferma allo stipite di una porta, sta guardando fuori campo, davanti a sé;
f. 2:
in raccordo con lo sguardo della donna, sta in fondo la porta del bagno della camera da letto del marito, socchiusa e con riflessa un’ombra in movimento: Sebastian è là dentro, sta finendo di prepararsi;
f. 3:
nuovo primo piano di Alicia, che abbassa lo sguardo verso un altro punto fuori campo;
ff. 4-6:
nuovo raccordo di sguardo, sempre con in fondo la porta del bagno e il movimento dell’ombra di Se- bastian, ma stavolta la macchina da presa si muove in avanti verso il tavolo su cui sta il mazzo con la chiave ambita, fino ad avvicinarne il dettaglio, tanto che il mazzo di chiavi sembra a portata di mano; f. 7:
Alicia è ancora sulla soglia della camera da letto, fissa davanti a sé il tavolo su cui c’è il mazzo;
f. 8:
ora Alicia sta sfilando la chiave.
B: Quindi il cinema, in realtà, è un processo creativo sorprendentemente innovativo? E la fruizione del cinema mette in moto attività mentali complesse che ci spingono sempre verso qualcosa di nuovo?
E: Mi spingerei a dire che il cinema continua a sorprendere in maniera innovativa da quasi 130 anni, ovvero sin dalla sua nascita, e che le indagini neuroscientifiche sono le più idonee a rilanciarne ulteriormente la prodigiosa energia simulazionale. Il cinema è nato con questa vocazione odissiaca, volta ognora al novum: pensiamo a L’arrivo di un treno nella stazione di La Ciotat, dei fratelli Lumière, una delle primissime pellicole proiettate in pubblico (gennaio 1895), in cui la novità filmica in sé che rappresentò il movimento del treno – in arrivo e in procinto di fermarsi in stazione – provocò negli astanti un subbuglio atterrito e addirittura alcuni si alzarono per scappare, credendo “a pelle” che la locomotiva li avrebbe travolti.
Scusa, ma tu credi che occorra ancora una dimostrazione più persuasiva del fatto che il cinema, fin dal suo atto di nascita, ha saputo giocare sapientemente – quasi diabolicamente – con i meccanismi neurali degli spettatori, in questo caso con il loro spazio peripersonale?
Si può mettere in dubbio che il Cinema abbia la potenzialità di proiettare gli spettatori al di là dei confini del Sè, verso sempre nuove dimensioni e nuovi orizzonti? Non ti sembra che questa spinta verso il futuro la possiamo vedere in diversi film, tanto per citarne alcuni: dal Gabinetto del dottor Caligari a Metropolis, da Uccelli a 2001 Odissea nello spazio, da Blade Runner a Matrix, da Inception a Arrival?
B: Grazie Enzo per gli spunti originali, ricchi di stimoli che ci hai offerto in questa discussione!
E: Grazie assolutamente reciproche, perché tu e la rivista Eidos mi avete offerto un’occasione di puro divertimento!
Enzo Cicero
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