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Cinema e guerra

Nel film

Tutta la bellezza e il dolore

La guerra di Nan

Barbara Massimilla

Il documentario Tutta la bellezza e il doloreAll the Beauty and the Bloodshed narra la vita travagliata dell’artista fotografa Nan Goldin, il film per i suoi contenuti artistici e politici ha vinto il Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2022. Il tema affronta una vicenda scandalosa riguardante la casa farmaceutica Sackler che negli anni ‘70 aveva messo in commercio l’ossicodone, un analgesico oppiaceo, sostanza della quale i Sackler subdolamente negavano gli effetti nefasti e pericolosi per la salute, dal momento che provocava invece severe forme di tossicodipendenza. A causa delle rassicurazioni da loro fornite il farmaco veniva prescritto dai medici di base con enorme facilità. La famiglia miliardaria dei Sackler ripuliva la propria immagine elargendo donazioni ai più importanti Musei d’Arte al mondo, una sorta di escamotage per dare all’esterno una immagine irreprensibile. Accanto alla lotta intrapresa da Nan insieme ad un gruppo di attivisti – portata avanti con estremo coraggio e determinazione per rendere giustizia a tutti i giovani morti di ossicodone – scorre la biografia di Nan, un viaggio nella sua arte fotografica e nelle dolorose vicende della sua famiglia d’origine. Nasce nel 1953 da una famiglia borghese con due genitori che lei stessa nel film definisce come totalmente inadeguati per procreare e prendersi cura dei figli. Il documentario mescola in ugual dosi il personale e il politico: esprime la protesta contro un sistema e piange una gioventù perduta e dispersa tra droghe, alcool, AIDS e malattie mentali. Una generazione che ha pagato a caro prezzo il desiderio di smarcarsi dal puritanesimo americano, dal potere dei ricchi e delle multinazionali, alzando la bandiera dell’arte e dell’anticonformismo. Gli aspetti della lotta, del combattere istituzioni ciniche e disoneste, si mescola di continuo al dolore della perdita, e alla bellezza che gli artisti eredi della beat generation seppero donare ai loro successori esercitando il coraggio della trasgressione, della rottura verso i sistemi rigidi e violenti di una società capitalista.

 

 

La vita di Nan nel film si presenta come una continua lotta per l’esistenza. Toccante tutto ciò che riguarda il suo sentimento verso la sorella morta suicida a venti anni. E’ a lei in fondo che dedica la sua opera, la sua arte, l’ultimo fotogramma del film la ritrae in un’immagine di intensa dolcezza. Una sorella che durante l’infanzia era stata estroversa, curiosa, a cui la madre aveva tarpato le ali con le sue proiezioni mortifere, continuando a castrarla in adolescenza finché la ragazza pose fine alla sua vita. Dopo la tragedia i genitori furono ritenuti incapaci dai servizi sociali, Nan venne data in affido, si allontanò anche da quella casa, la sua storia continuò on the road. In una nota finale, quasi a margine del film, Nan disvela che sua madre fu ripetutamente abusata da piccola. La ritrae in una scena mentre balla come una bambina con il marito nel salotto di casa, così stempera in qualche modo la rabbia e l’odio, i sentimenti negativi che sicuramente la figura materna aveva provocato in lei e nella sorella, una madre di certo affetta da problematiche psichiatriche.

Disgregata dagli eventi, psicologicamente dissociata, durante il periodo della droga e della frequentazione di contesti marginali, scoprì da giovanissima la fotografia. Fotografarsi e fotografare questi ambienti l’aiutava a ricomporre frammenti scissi della propria identità. Nella messa in scena dei molteplici volti che percepiva in sé, ‘usandoli’ visivamente nella rappresentazione fotografica, per il suo talento innato aveva – dati i tempi innovativi e rivoluzionari – accesso diretto all’arte contemporanea. Una ricerca autentica e non un’operazione narcisistica autocelebrativa. Uscendo da sé poteva rispecchiarsi attraverso l’immagine fotografica e rientrare in sé stessa. Una dinamica psichica possibile e frequente in chi non ha mai ricevuto un riconoscimento dai caregiver, dalle figure parentali significative. La fotografia diventava per Nan l’oggetto prezioso che rifletteva parti di sé, un organizzatore interno che metteva ordine tra le innumerevoli immagini che componevano la narrazione della propria esistenza.

Fare arte le ha permesso di compiere in parallelo una operazione estetico-politica. Ha reso universali nella società americana dell’epoca: i diritti delle donne, dei transessuali, dei malati di AIDS, degli sfruttati ed emarginati.

Diventata famosa si è fatta dunque promotrice delle lotte contro l’intossicazione di massa dovuta all’ossicodone – commercializzato in modo speculativo e irresponsabile dai Sackler. Lei stessa ne era stata vittima. La guerra di Nan insieme a un folto gruppo di attivisti si combatte all’interno dei Musei più famosi del mondo, per persuaderli a togliere la targa affissa che celebrava la magnanimità dei Sackler per le ingenti somme di denaro ricevute. Alla fine sarà vittoria, i Musei toglieranno la targa.

Una scena drammatica segna il cuore pulsante del film – quando Nan e due suoi attivisti incontrano in uno scambio da remoto i Sackler per piegarli all’ammissione delle loro responsabilità. Attraverso quei volti di pietra, difesi e restii al contatto, si legge tutta la malafede e il cinismo del capitalismo. Messa in scena necessaria, non perché ci fosse la speranza di strappare loro un mea culpa, ma perché era indispensabile che alcuni parenti delle vittime potessero raccontare viva voce, in diretta, la morte dei propri cari a causa dell’ossicodone, e i Sackler potessero sentirla, vedere le loro lacrime.

Forse quei cuori di ghiaccio avranno avuto un sussulto, un fastidio, forse la voglia di coprirsi il volto.

Ciò che importa è che Nan con determinazione abbia fatto ‘ascoltare’ – agli artefici di una tragedia collettiva – il loro livello di disumanità e tutto il dolore che hanno provocato.

Nonostante tutto, la bellezza di azioni che difendono i diritti umani e il dovere della memoria – la bellezza del gesto artistico e politico di Nan, si iscrivono nella storia di ogni latitudine in quanto valori che difendono e celebrano l’etica dell’esistenza.

 


Titolo originale: All the Beauty and the Bloodshed

Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 2022
Regia: Laura Poitras
Cast: Laura Poitras, Nan Goldin, Alfonse D'amato, Ed Koch, John Mearsheimer, Cookie Mueller, Darryl Pinckney, David Wojnarowicz

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