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Cinema e progresso

Cult

Un progresso negato

Anche il silenzio ha un bel suono

Francesco Salina

Il controcampo della comicità è la tragedia. Charlie Chaplin trasforma l’ilarità suscitata dal clown nel controcanto che capovolge il dolore dell’umana natura. Charlot, attante tragico nel cinema del Novecento, configura l’emblema che risale al macchinario della tragedia antica e discende alla moderna macchina da presa. Jazz Singer è stato il primo film sonoro, cantato e decantato da Al Jolson, attore, cantante russo nazionalizzato americano. Lo interpretò truccato in blackface. Charlie Chaplin, inizialmente, non si rassegnò al sonoro e disse ‘’L’essenza del cinematografo è il silenzio’’. Alfred Hitchcock dirà ‘’I film muti erano la forma più pura del cinema’’. Il silenzio è parte del suono. Nella musica contemporanea Luigi Nono, Jhon Cage, Edgard Varèse lo esaltano, il tacet prolungato è indicato nelle partiture. Nonostante la sorpresa e il successo mondiale del cinema parlato, nel 1928 Chaplin girò The Circus, trincerato nel proprio mutismo. Qualche critico, entusiasta del parlato, giudicò The Circus opera minore. Non è così. Agli inizi del sonoro, senza una sola parola, è un film muto, ma Chaplin compose la musica. Immagini e colonna sonora si intrecciano, il ritmo è incalzante, veloce, costante. Le prime sequenze, nella stanza degli specchi, sono un acuto nella storia del cinema. Orson Welles non lo ha dimenticato, in The Lady from Shanghai del 1947 lo ha magistralmente citato e mimato. Nel 2011 Michel Hazanavicius gira The Artist, come un gioco retrò, lo gira muto. Nel film si adombra Sunset Boulevard di Billy Wilder del 1950 e Hazanavicius volge in maschile l’interprete femminile. Un gioco azzardato, ma ben riuscito.  

 

 

Muto, quello di Chaplin, ma musicato. Un film in controcanto. Nelle sequenze degli specchi rappresenta sé stesso, grande comico, intrappolato in una comicità involontaria, casuale, speculata. Una comicità che si rifrange, si centuplica en abȋme, una comicità all’infinito. In The Circus è la prima volta che si inoltra in questo labirinto senza fondo, in questa visionaria comicità, tanto più sorprendente, esilarante, quanto più, fittivamente, improvvisata. Una geniale, lucida, anticipata, appuntita puntata di surrealismo.  Aperto il sipario dell’autoironia Chaplin da un lato, rigorosamente, genera cinematografo, dall’altro Charlot, comicamente, disvela sé stesso. Disvela un modo di fare cinema in un ordine predisposto, con rigore, in un caos apparente. Non c’è propriamente una trama in questo capolavoro, almeno non nel senso tradizionale. Fanno spicco ed eccezione lo svolgersi di alcune vicende: l’amore contrastato di Charlot per la dolce ballerina, la rinuncia alla bella, la sua cessione e l’affidamento al bellissimo, affidabile trapezista, per il loro desiderato abbraccio nuziale. E il finale malinconico, nel quale il clawn, acclamato e involontario, volontariamente si allontana lungo una strada col suo bastoncino di bambù. Traballando triste e solo, lontano lontano, verso l’orizzonte infinito.

 


Titolo originale: The Circus

Paese di produzione: USA

Anno di produzione: 1928

Regia: Charlie Chaplin

Cast: Charlie Chaplin, Merna Kennedy, Allan Garcia, Harry Crocker, Henry Bergman, John Rand, Armand Triller, Stanley Sandford, George Davis, Betty Morriseey, Steve Murphy e Jack P. Pierce

 

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