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Cinema e donne

La Suggestione

Una donna fantastica

Tre atti del femminile: il buon nome, la contesa, la visione

Anna Cordioli

IL BUON NOME

La giovane ragazza si era trovata in mano un sacchetto.

Era stato un medico a passarglielo, attraverso una porta semichiusa. Le cose lì contenute erano state fino a pochi minuti prima di Orlando. Il suo Orlando.

Si erano innamorati un anno prima e, da qualche giorno, lei si era trasferita a vivere da lui. Stavano per fare un viaggio alle cascate dell’Iguaçu ma la morte aveva reso, in un attimo, tutto distantissimo.

Ogni promessa, ogni speranza, ogni calore avevano lasciato il corpo di Orlando che ora giaceva oltre la porta. Tutto era ormai di là della soglia.

Marina e Orlando si erano incontrati nella seconda vita per entrambi: lui, per lei, aveva lasciato moglie e figli e ora toccava a lei avvisarli. Prese il cellulare di lui e digitò un numero. Rispose una voce dura.

 “Chi sei?”

“Marina”

“So chi sei”.

Marina viene ben presto ridotta ad una misera figurina del femminile: la donna-illegittima. Era un’altra la moglie. Lei, in confronto all’altra, non è nulla.

Chi è Marina? È la giovane che ha appena visto morire l’uomo che amava? È la “poco di buono” che ha usurpato alla famiglia l’amore e la morte di Orlando? O, come pare ai medici dell’ospedale, è l’accompagnatrice di un uomo troppo più anziano di lei per non immaginarla come una prostituta coinvolta in qualche affare losco?

L’identità dipende in larga parte dall’Altro e, come ogni donna sa bene, è vitale avere la benevolenza altrui. Il buon nome è spesso una lama che taglia la sorte delle donne in due: coloro che otterranno accoglienza e coloro che attrarranno odio.

E così Marina, ancora stordita dagli eventi, si trova interrogata. Le conversazioni hanno un doppio livello: uno in cui le domande sembrano banalità, per chiarire gli eventi, ed un altro in cui si svelano i pregiudizi, con il piglio spinto di chi sta andando a caccia. “Ti pagava?” chiede la poliziotta.

Marina incassa e tace. Sa quanto sia inutile cercare di decostruire un preconcetto quando sei una contro tutti. Se hanno deciso che sei la persona sbagliata non c’è molto che si possa fare. I preconcetti gridano una cosa sola: “Non voglio sapere chi sei tu. Voglio che tu confermi quello che io penso di te!”.

Le parole dei medici, dei familiari e della polizia dissacrano così, pezzo per pezzo, quelle che fino a poco prima erano le basi della sua vita: l’amore con Orlando e il sapere chi è Marina Vidal.

 

LA CONTESA

La moglie le rivolge parole di disprezzo. “Mi sono sposata con Orlando a 38 anni, Eravamo normali... Questa vostra invece era una perversione”.

Sonia, la moglie, ora è trionfante, perché lei e i figli sono gli eredi legittimi. È la donna-regina, al centro della vendetta.  Marina deve restituire tutto: lasciare la casa, dare la macchina, sparire. La morte ha fatto giustizia. Sonia parla con il distacco di chi è protetto dalle leggi e non ci sarà Orlando a proteggere la ragazza. “Quella” non ha diritti: non può più accostarsi al cadavere per salutarlo e le viene sottratto anche cane che crescevano assieme.

Sonia la spinge ad essere due donne che ancora si contendono l’uomo, seppure morto. La moglie diviene la donna-matriarcale, che considera Orlando come uno sprovveduto, debole, manipolato dalla perfida meretrice. Eppure, per quanto sciocco, l’uomo è tutto. Sonia non lo amava più da molto, ma non importa: appartenere all’uomo, darà una identità a una donna e annullerà l’altra.

Marina non vuol partecipare a questa contesa insensata. La moglie, invece, non è mai sazia di vendetta e la insulta: “Sai cosa vedo quando ti guardo? Io vedo una Chimera!”.

Per Sonia, Marina non è neppure una donna.  Finge solo poiché, nella sua prima vita, era nata maschio. Nell’odio pantoclastico di Sonia, Marina non è neppure del tutto umana: è una chimera, una bestia di fantasia, un assemblaggio di pezzi mal accostati. Non vedendola come una donna reale, non vede come possano essere reali il suo amore, il suo dolore, la sua dignità. Neppure il sentimento di Orlando era dunque vero e tutto viene degradato a perversione e falsità.

La differenza tra Marina e Sonia si vede però ad occhio nudo. La giovane vive il dolore con contegno mentre la moglie ripudiata dà fondo ad ogni cattiveria. Anche il figlio si mostra avido e violento.

Si comincia a comprende come mai Orlando, incontrando questa giovane, avesse potuto innamorarsene e desiderare di cambiare vita. Il loro era stato un amore dolce, maturo, consapevole e cauto: ciascuno era stato la reciproca fonte di sogno e rinascita.

 

LA VISIONE

A Marina viene interdetto anche un ultimo saluto ad Orlando.

La scomparsa rende impossibile il lutto” (M. Horenstein, 2023) ma Marina ha dalla sua parte la capacità di immaginare. Orlando le appare nelle penombre, nelle solitudini, nei momenti di svolta. Marina, si sente a cospetto del loro legame, nonostante il male del mondo.

Forse anche ad Orlando è mancato il poterla salutare. Avevano sogni assieme, avevano una vita da vivere. Anche questo va piano piano salutato. I biglietti, perduti, per l’Iguaçu diventano il simbolo di quel futuro sognato assieme, un viaggio che non si potrà più vivere ma era comunque reale.

Le immagini che marina riesce a visualizzare la guidano attraverso il lutto fino al cambiamento. Le sue visioni scaturiscono da un ascolto profondo, emotivamente corporeo.

Marina ha sempre saputo ascoltare, attraverso il sogno ad occhi aperti, ciò che le accadeva dentro. Anche il suo corpo di donna aveva dovuto ascoltarlo e cercarlo prima ancora di poterlo incontrare.

Marina è dunque davvero la “donna fantastica”. Ha il dono delle chimere, creature a cui attribuiamo il senso figurativo di “sogno”, “fantasticheria” ed “illusione” ma che, per queste vie sottili, hanno sempre saputo evocare in noi la precognizione di  “Donna”, “Divinità”, “Poesia” (L. Chiari, 2022).

Marina saprà come salutare il corpo del suo uomo, saprà essere grata per l’amore che fonda la sua esistenza e, infine, saprà far sentire la sua voce.

Vestita di nero, come si confà ad una vedova o per un grande soirée, scopriamo che Marina è un mezzo-soprano lirico. Il canto è struggente: “Sposa son disprezzata/ fida son oltraggiata/ cieli che feci mai?/ E pur egl'è il mio cor/ il mio sposo, il mio amor,/la mia speranza.”.

Forse avrebbe cantato altro se Orlando fosse stato lì, vivo, a teatro con lei? Ma è questo che la vita le ha messo davanti e Marina non può che cantare ciò che sa di essere. A testa alta.

 

 

Titolo originale: Una mujer fantástica

Paese di produzione: Cile, Spagna, Germania, Stati Uniti d'America

Anno: 2017

Regia: Sebastián Lelio

Sceneggiatura: Gonzalo Maza, Sebastián Lelio

Fotografia: Benjamín Echazarreta

Musiche: Matthew Herbert

Cast: Daniela Vega, Francisco Reyes, Luis Gnecco, Aline Küppenheim, Nicolás Saavedra, Amparo Noguera, Trinidad González, Néstor Cantillana, Alejandro Goic, Antonia Zegers, Sergio Hernández

Riconoscimenti: Oscar 2018 come miglior film straniero

 

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